Si vota anche a Cuba, ma gli occhi sono puntati sulla Casa bianca

by Sergio Segio | 2 Novembre 2012 9:01

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L’AVANA. Fin dalla prima mattina di domenica 21 ottobre bambini con al collo il fazzoletto rosso dell’Unione dei pionieri di Cuba, bussavano di casa in casa esortando ad andare a votare per l’elezione dei delegati alle Assemblee municipali del Poder popular di Cuba, il livello base delle strutture politiche del “socialismo assembleare” cubano (questi delegati eleggono i delegati regionali e nazionali – i membri del parlamento – che a loro volta eleggono il presidente di Cuba). Concorrevano 32.183 candidati ad occupare i 14.537 posti di delegati nelle Assemblee municipali di tutta l’isola. Cartelli con l’invito a votare fin dalle prime ore di domenica erano stati apposti in bacheche e uffici pubblici, mentre il giornale dei giovani comunisti Juventud Rebelde, definiva quello di domenica come: «Un voto per il futuro».
Alcuni osservatori hanno fatto però notare che solo il 13,38 % dei candidati sono operai e che la percentuale di contadini e cooperativisti non raggiunge l’8%; bassa anche la percentuale di giovani (19,27 %). Dalle biografie dei candidati, esposte in luoghi pubblici, si evince che la grande maggioranza è rappresentata da quadri del Partito comunista e che è alta anche la percentuale di militari delle forze armate rivoluzionarie e del ministero dell’Interno.
Secondo i risultati resi pubblici il lunedì successivo dalla Commissione elettorale nazionale (Cen), sono andati a votare il 91,9% degli aventi diritto e sono stati eletti 13.127 delegati. Nelle 1.410 circoscrizioni dove nessun candidato ha raggiunto il quorum si è proceduto al ballottaggio domenica 28 ottobre. Secondo i dati forniti dalla Cen, le donne rappresentano il 33,53% degli eletti al primo turno. Un altro dato interessante è che il 4,9% delle schede sono risultate in bianco e il 4,4% annullate. 
Nonostante l’alta affluenza, la gran parte dei cubani non si aspetta grandi cambiamenti da queste elezioni, che dovrebbero servire a rafforzare la decentralizzazione del potere in materia di burocrazia e servizi sul territorio, secondo quanto previsto dalle riforme volute dal presidente Raàºl Castro. Molti occhi sono invece puntati sull’esito delle elezioni presidenziali negli Usa. La vittoria del candidato repubblicano potrebbe infatti avere come conseguenza un rafforzamento dell’embargo e, in particolare, un nuovo taglio delle rimesse dei cubano-americani (più di un miliardo di dollari l’anno, soldi che finiscono direttamente nelle tasche dei cittadini senza mediazione dello stato cubano). 
Queste elezioni si sono celebrate il giorno dopo la “riapparizione” di Fidel Castro, che secondo voci riportate dalla stampa di mezzo mondo era considerato in fin di vita o già  morto. Foto del leader della rivoluzione cubana, con un grande cappello di paglia, camicia a scacchi rossi, sono state pubblicate dal quotidiano del Pc Granma. Mentre l’ex vicepresidente del Venezuela, Elìas Jaua, ha confermato di aver incontrato Fidel e discusso con lui quasi cinque ore, trovandolo «in buon stato di salute e assai lucido» . Era dallo scorso marzo – dall’incontro con papa Benedetto XVI, alla conclusione del suo viaggio a Cuba – che Fidel non aveva partecipato a incontri pubblici. 
Lunedì, il lider mà¡ximo ha anche firmato un articolo sul Granma – dal titolo: «Fidel sta agonizzando» – dedicato al 50° anniversario della crisi dei missili (ottobre 1962, quando il mondo si trovò sul bordo di una guerra nucleare a causa del blocco a Cuba imposto dagli Usa come reazione ai missili russi con testate nucleari schierati nell’isola). Nell’articolo, Fidel conferma di stare bene («Mi piace scrivere e scrivo, mi piace studiare e studio») e si fa gioco di chi lo dava per spacciato affermando che «nemmeno ricordo di aver avuto un mal di testa». A conferma, Fidel «offre» ai lettori una serie di foto, una delle quali lo ritrae mentre legge il Granma del 19 ottobre.
Alla vigilia delle elezioni, il governo aveva battuto un altro colpo, e assai forte. Il decreto legge che modifica la Legge migratoria del 1976 e che facilita la possibilità  dei cubani a recarsi all’estero: infatti dal 14 gennaio prossimo non saranno più richiesti il permesso di uscita dal paese, né la lettera di invito di un cittadino straniero, ma i cittadini potranno uscire dall’isola solo con il passaporto «attualizzato» dal ministero dell’interno. Restano è vero tutta una serie di restrizioni per impedire la “fuga dei cervelli” (e dei talenti sportivi), obiettivo perseguito soprattutto dagli Stati uniti. Tutti i quadri che svolgano funzioni considerate «vitali per lo sviluppo economico, sociale, scientifico tecnico o nel campo della salute» (come pure gli atleti di eccellenza) saranno sottoposti a restrizioni qualora lo esigano «ragioni di difesa e sicurezza nazionale».
Quest’ultima misura conferma la volontà  del presidente Raàºl di progredire nelle riforme per dare impulso all’economia e per ridurre le conseguenze del burocratismo e della verticalizzazione del potere. L’argomento è stato affrontato giorni fa dalla rivista Temas in un incontro dedicato alla «Riforma della costituzione», svoltosi alla presenza di un centinaio fra professori universitari, accademici, alti funzionati di diverse aree e intellettuali (presenti anche giornalisti stranieri). Alcuni partecipanti hanno insistito nella richiesta di una Assemblea popolare costituente che rifletta sui e tenga conto dei cambiamenti necessari per dinamizzare l’economia e la società  cubane. Vari interventi hanno riguardato l’articolo 5 – il Pc come unico partito politico ammesso – affermando che se si vuole mantenere il mono-partitismo, il Partito comunista dovrebbe evolversi in senso pluralista, riflettendo la realtà  della società  cubana. Inoltre è stata sottolineata la necessità  che il parlamento abbia un ruolo maggiore, visto che fino a oggi si procede quasi solo per decreti legge e l’Assemblea nazionale (parlamento) si riunisce solo due volte l’anno.
* storico e giornalista cubano

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