Si tagliano i posti di lavoro, ma non gli F35

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Il Senato ha autorizzato a tagliare i posti di lavoro, per comprare i tanto discussi F35. Il Senato ha approvato la legge-delega che riordina l’assetto strutturale ed organizzativo del comparto della Difesa e affida al prossimo governo il potere di riorganizzare le forze armate. Il testo passa ora alla Camera. Hanno votato a favore tutti i gruppi, tranne l’Idv: 252 sì contro 12 no. Il testo prevede precisi obiettivi di riduzione del personale militare e civile ma non la revisione di nessuno dei 71 programmi di armamento avviati.
Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, durante il dibattito ha ribadito che si tratta di una semplice “revisione in senso riduttivo” e non di un nuovo modello di difesa: «Infatti, nonostante tutto quello che sta succedendo nel mondo, questa “riforma” è stata fatta proprio con l’obiettivo che nulla cambi. I vertici militari di questo nostro paese vogliono continuare a comprare armi sempre più moderne e sofisticate e siccome sono costosissime e non ci sono più soldi, tagliano il personale», spiega Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace.
Le conseguenze? Amara la conclusione di Lotti: «Per altri 12 anni continueremo a buttare un sacco di soldi (in totale più di 230 miliardi di euro) per tenere in piedi un apparato militare un po’ più piccolo ma ugualmente anacronistico. Il paese non ce la fa più, milioni di persone e di famiglie non ce la fanno più, si tagliano i servizi alla persona e agli enti locali che li devono fornire ma i soldi per comprare armi e per soddisfare le ambizioni dei nostri generali non mancheranno».
Tra le carenze evidenziate da Flavio Lotti, «il fatto che nel testo resti l’odiosa norma che costringerà  i comuni alluvionati o colpiti da qualche altra catastrofe naturale a pagare il conto dell’intervento delle forze armate e la possibilità  per il ministero della Difesa di gestire le “dismissioni” del personale in esubero aumentando il precariato e la pressione psicologica su chi resta. Mancano i criteri che dovrebbero guidare una riforma coerente e motivata da un’aggiornata analisi geopolitica delle minacce, del ruolo che vuole svolgere il nostro paese e dalle missioni da realizzare. E mancano i criteri che dovrebbero comportare una vera riqualificazione della spesa, una maggiore trasparenza nei rapporti con l’industria militare e la cancellazione degli sprechi e dei privilegi di cui ancora godono le alte gerarchie».


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