by Sergio Segio | 22 Novembre 2012 5:51
ROMA — Cambiano i contratti, nelle retribuzioni ci sarà meno automatismo e più aumenti legati alle performance aziendali. Più flessibilità negli orari e sarà persino possibile, d’intesa col sindacato, demansionare un dipendente pagandolo meno. La rivoluzione del mondo del lavoro, per tentare di riacciuffare la produttività perduta, arriva con il timbro del governo dopo un’ora di confronto con le parti sociali. La Cgil ribadisce la sua contrarietà e resta fuori dall’intesa. «Una scelta sbagliata», ha detto il segretario Susanna Camusso. «Ci rallegriamo per il grande lavoro da voi condotto in questi due mesi, un eccellente e duro lavoro»: così il presidente del Consiglio Mario Monti ha commentato l’accordo. «Immagino non sia stato facile — ha proseguito il premier rivolgendosi ai firmatari —, è un passo importante per il rilancio delle imprese e la tutela dei lavoratori». Per quanto riguarda il no della Cgil Monti, nel corso della conferenza stampa alla quale la Camusso non ha voluto partecipare, ha precisato di augurarsi una sua adesione. «Non ci sono scadenze anche se i tempi devono essere brevi — ha precisato —, comunque la validità c’è pur senza l’adesione della Cgil che ci sarebbe piaciuto ci fosse». Un passaggio questo rafforzato più volte per dimostrare la volontà dell’esecutivo di tenere dentro fino all’ultimo anche il maggior sindacato italiano, anche se il governo ha avuto la sensazione che la Cgil fosse arrivata all’incontro con la decisione di dire no già presa. E confermata poi da Camusso: «Non ci saranno adesioni a posteriori». Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera ha giudicato «concreto» l’accordo e dunque ha confermato le risorse stanziate dal governo di 2,1 miliardi in tre anni per sostenere i salari di produttività . «Ma non sarà una defiscalizzazione a pioggia — ha aggiunto —, verranno premiati solo gli accordi in grado di generare davvero maggiore produttività ». Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha annunciato per settimana prossima un provvedimento per la partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa.
Alle 19 di ieri sera le nove associazioni (cinque per le imprese, quattro per i sindacati) si sono presentate a Palazzo Chigi. Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha letto la sintesi delle oltre nove cartelle. Subito dopo è toccato alla Camusso spiegare la contrarietà della sua organizzazione (successivamente meglio argomentata in una conferenza stampa). Ne è nato un vero botta e risposta con il premier. La Camusso ha sostenuto che l’intesa alla fine riguarda solo una platea di due milioni di lavoratori lasciandone fuori altri 16 per i quali ci sarà un «abbassamento dei salari reali». «Sarebbe stato meglio detassare le tredicesime per rilanciare i consumi». «Ma questo non è possibile per le condizioni della finanza pubblica», avrebbe risposto a caldo Mario Monti. «Spero — avrebbe affermato Monti — che il prossimo governo sia meno raggrinzito». L’accordo, secondo Camusso, «accelera la recessione».
Lo scambio di opinioni è continuato anche quando Monti ha invitato la Camusso a partecipare alla conferenza stampa in modo da poter esprimere la sua posizione in modo argomentato. E cioè spiegare perché la Cgil ritiene che il governo abbia indirizzato la trattativa in un certo modo. Il leader della Cgil ha però declinato rifiutandosi di stare dentro lo «schemino» del governo. Un duello verbale comunque molto soft ed estremamente cortese anche se le due «parti» hanno dimostrato una reciproca risolutezza. Al punto che la Camusso ha deciso di abbandonare la Sala Verde quando il Professore era ancora seduto.
Secondo le attese di Palazzo Chigi l’accordo sarebbe dovuto arrivare entro il 18 di ottobre per consentire a Monti di presentarlo al vertice di Bruxelles. Così non è stato ma alla fine l’obiettivo è stato raggiunto. Ieri i commenti a caldo dei protagonisti che hanno firmato sono stati tutti molto positivi. Raffaele Bonanni (Cisl), Luigi Angeletti (Uil), Giovanni Centrella (Ugl) hanno plaudito a una intesa storica per rilanciare occupazione e competitività delle imprese. Per il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, «l’accordo sulla produttività va nella direzione giusta, siamo dispiaciuti che non tutti abbiano deciso di sottoscriverlo». Il presidente della Lega delle cooperative Luigi Marino ha sottolineato che «questo Paese deve cominciare a procedere per balzi e non per passettini, va superata l’idea che ci siano tabù inviolabili».
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