Sciopero anticrisi, caos in tutta Italia a Roma un giorno di guerriglia urbana da Torino a Milano
ROMA — Non sono infiltrati. Sono studenti delle scuole superiori, tanti, i volti imberbi. Sono universitari, perlopiù in corso. Sono decisi a fare conflitto, ad alzare il livello dello scontro, a cercare lo scontro con la polizia. Intorno hanno un discreto consenso. Sono una minoranza di peso nelle scuole e negli atenei, una base larga e pronta alla “deriva greca”.
Dopo una prima fase tra settembre e ottobre di mobilitazione studentesca dalla violenza a bassa intensità , il 15 novembre dello sciopero generale europeo ha prodotto risultati eclatanti (200 mila in piazza) e temuti (violenza in molte città ). Soltanto a Roma a fine giornata ci sono stati 140 identificati, oltre 50 fermati e tre arresti: due studenti di Scienze politiche della Sapienza di 21 e 22 anni e un lavoratore di 39. A Padova la polizia ha annunciato 30 denunciati prossimi, alla fine della visione dei filmati della scientifica. Otto a Torino (dove sono stati violati il grattacielo dell’Intesa San Paolo e la sede della Provincia, scatenando una reazione furibonda del sindaco Piero Fassino: «È stato un attacco squadristico ed eversivo dei gruppi estremistici che hanno sequestrato il movimento no Tav»). Fra denunciati e fermati siamo sui duecento manifestanti, e il conto salirà . Sempre a Roma, ancora, gli studenti parlano di decine di feriti, sedici invece fra agenti e poliziotti. Con Padova, Torino e Milano si arriva a 26 forze dell’ordine medicate (e dimesse).
GLI SCONTRI NELLA CAPITALE
Sul lungotevere romano, di fronte al tribunale dei minori, poco prima del Ponte Sisto sotto al quale scorreva un Tevere fangoso e inferocito, alle due e dieci di ieri pomeriggio sessanta ragazzi hanno staccato i caschi dai moschettoni appesi alla cintura e li hanno calati sulla testa, hanno alzato i passamontagna, tirato fuori dagli zaini petardi e bombe carta e alcuni sono andati a cercare sul selciato dissestato blocchi di pietra. Da lanciare sul reparto celere, fin lì non schierato. E la sfida di Roma era stata solo l’ultima violenza di una mattinata che aveva portato in ottantasette città italiane oltre duecentomila ragazzi per uno sciopero europeo proclamato in otto paesi, lo strike, la huelga, seguito da quindici e che in tutta Italia aveva sparso dalla mattina slogan incendianti: “Bruciare un blindato non è un reato”.
MILANO, PADOVA, TORINO E LE ALTRE
Prima di Roma ad Ancona erano volate uova contro la Banca d’Italia, ad Ancona e a Napoli studenti e Cobas avevano contestato la Cgil prendendole il palco e appendendo striscioni che dicevano: “Basta farse, lotta di classe”. A Torino eraso scattati presto i blitz contro i palazzi del potere e della riscossione. A Pisa invece gli studenti hanno portato le macerie della scuola davanti alla sede della Provincia, una trovata da vecchia Onda, una denuncia creativa, mentre a Milano metà del corteo ha tentato di sfondare il cordone della polizia in corso Magenta, ha distrutto vetrine di banche e a Brescia ha occupato la stazione — scontrandosi con la polizia — per protestare contro l’arresto di tre di loro: avevano bruciato pneumatici. A Bologna un gruppo (emanazione universitaria e scolastica del centro sociale Crash) ha invaso la sede della Cisl, il «sindacato giallo che lotta contro i lavoratori». A Padova diversi manifestanti si sono scontrati aste in pugno con la polizia. Ecco, i video che rimbalzano su internet e in tv mostrano una gioventù italiana precaria vicina alla Grecia trainata in piazza dagli anarchici e alla Spagna, dove la polizia in queste ore ha cercato di sedare la protesta di lavoratori e ragazzi sparando proiettili di gomma.
UNA MOLTITUDINE DI SEDICENNI IN PIAZZA
I numeri della prima mattina della manifestazione italiana erano stati un successo: quattro cortei differenti solo a Roma, decine di presìdi, studenti che scendevano dalla scalinate del Gianicolo e marciavano compatti verso il centro, stufi di aspettare il bus, dalla Bufalotta. Sessantamila teste, almeno, che s’incontravano ai Fori Imperiali e lì iniziavano a discutere le strategie di assedio al Parlamento: «I miei hanno guanti e casco pronti, non so chi se la sente di andare contro la polizia», diceva uno degli organizzatori dello spezzone universitario. Quarantamila ragazzi a Milano, trentamila a Firenze e Napoli, diecimila a Bologna e Genova e Bari, diecimila addirittura a Pescara, mille a Parma. Ecco, 87 città e cittadine coinvolte dallo sciopero europeo con duecentomila ragazzi contro tutti e contro tutti, “politici, banchieri e
farabutti”. Contro le aule cadenti e la spending review lunga cinque anni, dalla Gelmini a Profumo, da Tremonti a Grilli. Contro l’ex legge Aprea, che in verità è già franata in Parlamento e non porterà i capitalisti a governare la cadente scuola italiana. Contro un mondo dell’un per cento che dice al 99 che cosa fare, soprattutto cosa non fare.
«NON CI FERMEREMO»
La reazione della polizia è stata dura, particolarmente a Roma. Dopo aver lasciato sfilare per otto chilometri i vari cortei con assetti leggeri e tutte le porte aperte — purché non portassero al centro della città , verso il Parlamento richiesto dai manifestanti —, i dirigenti del reparto celere hanno prima reagito con stupore di fronte alla carica dei sessanta in lungotevere dei Vallati e poi con la mano pesante. Cariche con i blindati e le jeep anticipati da lanci di fumogeni, su più fronti, a spezzare i cortei. Inseguimenti personali, manganellate alle spalle e sul volto scoperto, calci con studenti a terra, botte a ragazzine, a fotografi, a cinquantenni (uno ha accusato un infarto). La polizia, per rimediare a una gestione eccessiva della piazza (molti romani si sono schierati con i manifestanti), in serata ha reso pubblici i sequestri di tre bottiglie molotov,
alcune maschere antigas, una mazzetta, uno scalpello (in via dei Pettinari) e (in una fioriera in via Portico d’Ottavia) tre manici di piccone in legno lunghi 50 centimetri, due martelli da carpentiere. Fra i duecento manifestanti bloccati a morsa da polizia e carabinieri sul controviale di Ripa Grande, a cento metri dal mercato di Porta Portese, molti sono riusciti a lanciare nel Tevere caschi e passamontagna, bombe carta e petardi, corpi di reato abbandonati.
Gli studenti romani si sono chiusi in assemblea alla Sapienza, dove hanno parlato di «polizia cilena», di «violenza inaudita e premeditata» e di una chiara intenzione «di intimorire e spegnere con la repressione una immensa dinamica di partecipazione » per la prima volta dalla caduta del governo Berlusconi. «Non ci fermeremo perché da oggi siamo più forti». Il premier Monti ha dato la sua solidarietà solo alle forze dell’ordine e alla comunità ebraica, che ha denunciato grida pro-Saddam al passaggio del corteo davanti alla Sinagoga.
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