Schiaffo a Cameron sul budget Ue e Miliband divenne un falco

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C’era in votazione il contributo britannico al budget settennale 2014-2020 della Ue, questione delicata per Downing Street. Proprio nelle settimane scorse il premier aveva minacciato di bloccare le trattative con i partner continentali dichiarando la non disponibilità  a chiudere il dossier sul bilancio comunitario se non fossero state accolte le richieste di una ridistribuzione, fra Londra e Bruxelles, dei poteri decisionali su alcune materie, fra le quali giustizia e immigrazione. Spinto dalla volontà  di andare incontro all’ala più euroscettica del suo partito e dalla necessità  di recuperare consensi, David Cameron aveva alzato la voce e minacciato l’Europa. Poi, consigliato dal pressing degli alleati liberaldemocratici, aveva un po’ tirato il freno. Il rifiuto iniziale di concedere un aumento al budget Ue e la ripetuta asserzione di «congelarlo» si sono così trasformati nella disponibilità  a concedere il via libera a un incremento in linea con il tasso d’inflazione medio.
David Cameron, che fino a qui ha dimostrato di essere un abile navigatore, ha realizzato il più classico degli autogol. La sua marcia indietro ha dato il via libera ai «franchi tiratori» tory. I quali non aspettavano altro. Errore doppio, quello di Cameron: prima si è esposto sposando la causa antieuropea più feroce. Poi, quando ha capito di essersi cacciato in un vicolo cieco e ha mediato con l’Europa, ha pensato di gestire la fronda conservatrice senza accorgersi che si stava per cementare una convergenza «innaturale» nei corridoi dei Comuni. I laburisti di Ed Miliband hanno deciso di appoggiare il no dei tory dissidenti e il governo è andato in minoranza.
Matrimonio fra interessi divergenti, comunque è matrimonio: fra l’euroscetticismo che è traversale agli schieramenti e l’opportunismo di un centrosinistra che a costo di aprire una breccia nella maggioranza spinge Londra lontano dall’Europa. Cameron ha i suoi problemi dentro al partito. Ma li avrà  anche Miliband perché l’ala blairiana questo sussulto anti Europa non lo digerisce.


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Dovrà  essere un processo rapido e con una sentenza – l’imputata rischia la pena di morte – coerente con la versione che da settimane gli organi d’informazione ufficiali forniscono del «caso Bo Xilai», cioè del presunto omicidio di un uomo d’affari britannico che sarebbe stato avvelenato col cianuro dalla moglie dell’ex membro del Politburo del Partito comunista cinese (Pcc) con l’aiuto del maggiordomo di famiglia.

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