Regionali, alle urne il 10 febbraio
ROMA — Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha informato il presidente della Regione Lazio, Polverini, della decisione di invitare i prefetti di Milano e Campobasso a convocare i comizi per le regionali in Lombardia e Molise, che si dovranno tenere appunto nelle due giornate di febbraio 2013. Non così nel Lazio, dove la legge (anzi lo Statuto) prevede che sia il governatore uscente a fissare la data delle elezioni. Così, si è dovuto consumare il passaggio formale per «concordare » con la Polverini la medesima data del 10 e 11 febbraio. A questo punto sarà pressoché ininfluente il giudizio del Consiglio di Stato al quale la governatrice dimissionaria aveva fatto ricorso dopo il pronunciamento del Tar (che le imponeva di indire elezioni entro cinque giorni). Tramonta l’election day, dunque. Regionali prima e politiche sempre più probabili il 7 e 8 aprile. Cicchitto attacca: «Scelta folle e dissennata far votare in quelle due regioni a distanza di due mesi, favorisce Grillo e l’astensionismo ». La novità del resto ha gettato nel panico in serata il Pdl e soprattutto la segreteria Alfano, già al lavoro sulle primarie (spalmate su più settimane) nonostante l’ostilità di Berlusconi. Nelle fondamentali regioni del Lazio e della Lombardia diventa ora quasi impossibile dedicarsi al contempo alla campagna interna al partito. Il nervosismo in serata era alle stelle, in via dell’Umiltà . Anche perché una decina di deputati si preparano a lasciare il gruppo a Montecitorio, impauriti dal crollo di consensi, dal Berlusconi in fuga e stanchi del segretario schiacciato sulle posizioni degli ex An. A guidare la fronda, la vicecapogruppo Isabella Bertolini, con lei anche Roberto Tortoli annuncia di lasciare il partito. Sull’uscio l’avvocato Gaetano Pecorella, Franco Stradella, Andrea Orsini, Maria Teresa Armosino. Sarebbero stati contattati anche
l’ex sottosegretario alla Difesa, Giuseppe Cossiga e Giorgio Stracquadanio, per raggiungere quota dieci nel Misto e poi magari i venti di un gruppo vero. Con i montezemoliani Giustina Destro, Fabio Gava, Enrico Musso. Altri, dicono, se ne aggiungeranno nelle prossime ore. Tutti al lavoro per una lista “pro Monti”, in attesa di Montezemolo ma anche d’intesa con Casini.
Tutto marcia spedito ormai verso la stagione delle urne. Ma la legge elettorale affonda ancora nel pantano del Senato. Spunta un nuovo “lodo Calderoli” ma a questo punto è sempre meno probabile che il testo lasci la commissione per approdare in aula la prossima settimana. Calderoli propone di abbassare la soglia del premio di maggioranza dal 42,5 previsto al 40 per cento, dopo le proteste del Pd, e di introdurre un “premietto” per il partito che prende più voti senza però raggiungere quella soglia. L’autore del Porcellum suggerisce che quel premio di “consolazione” venga fissato in misura proporzionale, pari al 20 per cento dei seggi conquistati. Ipotesi che a fine giornata il capogruppo Pd, Anna Finocchiaro, prende in considerazione.
Ma al dialogo sembrano poco inclini Pdl e Udc. «Sulla legge elettorale rischiamo di rimanere nel regno del dire più che del fare » ammette Casini. Mentre La Russa sostiene che col lodo Calderoli si rischia di «minare il bipolarismo: non è concepibile accoppiare al premio di governabilità alla coalizione un incomprensibile premio al primo partito ». Porte chiuse, insomma. Si va avanti solo «con passi di lato», per dirla col presidente della commissione Affari costituzionali, Carlo Vizzini. E nel dibattito irrompe, via blog, Beppe Grillo, che attacca la bozza in esame: «Una norma contra personam, contro Grillo e il movimento per salvare quello che resta della partitocrazia».
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