PRIMO: DIMISSIONI

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Tuttavia ancora non avevamo mai visto sparare candelotti sulla folla dai palazzi dei ministeri. Le immagini dei lacrimogeni “rimbalzati” dalle finestre e dai tetti del palazzo di Grazia e Giustizia sui ragazzi già  in fuga dalle cariche della polizia sono un inedito segno del clima pesante vissuto dal paese. Di particolare allarme perché il dissennato uso della forza si unisce alle ombre che inseguono i più alti gradi della polizia colpiti dagli scandali del malaffare. E perché la situazione vive momenti di massima confusione politica: ieri il vertice convocato al Quirinale alla fine si è concluso con la decisione di anticipare a marzo la data delle elezioni, come reclamava il centrodestra. 
Entreremo, anzi già  siamo, in una campagna elettorale difficile, con istituzioni e partiti mai così impopolari, travolti dalla corruzione e dalla straordinaria incapacità  di dare ascolto alla protesta sociale. Come dimostra l’impossibilità  dei ministri di affrontare la rabbia operaia in Sardegna, come rivela l’episodio degli studenti tacitati e respinti dal servizio d’ordine del partito democratico, durante una conferenza del segretario Bersani a Napoli.
Quei candelotti piovuti dall’alto sono una goccia nel vaso stracolmo. Servirebbe un’ammissione di colpa, invece abbiamo solo un «verosimilmente», pronunciato dal questore di Roma («verosimilmente se lacrimogeno è, potrebbe essere stato esploso da un nostro»). Poi il massimo responsabile delle forze di polizia aggiunge che bisognerà  verificare la parabola del candelotto per accertare se non sia stato sparato dal basso verso l’alto. E il ministro della giustizia, affidando ai carabinieri il compito di procedere con le indagini, già  annuncia che «saranno lunghe». Lunghe come quelle seguite alla macelleria cilena del G8 di Genova, per rimuovere e promuovere i responsabili di una repressione che l’Europa del dopoguerra non aveva mai vissuto? 
La nostra democrazia purtroppo si è dimostrata permeabile a tromboneschi rigurgiti autoritari, a tragiche strategie della tensione, a un uso dissennato dell’ordine pubblico. Oggi aggravato da un incredibile deficit tecnico di fronte a un corteo, non di guerriglieri consumati ma di liceali, molti alla prima esperienza della piazza.
L’assordante silenzio della politica in serata è stato appena interrotto da qualche deputato di buona volontà  che domanda spiegazioni al parlamento. Ma intanto, in attesa del chiarimento, bisognerebbe chiedere, e ottenere, le dimissioni dei responsabili per quel che hanno fatto e per il danno che ancora possono infliggere. Il disordine (pubblico) è grande ma la situazione non è eccellente.


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