Primarie Pdl, ore decisive Potrebbero essere annullate

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ROMA — Si deciderà  entro domani la sorte delle primarie del Pdl, che in queste ore sono tornate drammaticamente a rischio. Dopo una frenetica giornata di incontri e riunioni operative in via dell’Umiltà , per mettere in moto in ogni caso la macchina organizzativa che dovrebbe portare ad una sola giornata e l’unica possibile, il 16 dicembre, la competizione è in bilico e potrebbe perfino essere annullata.
Oggi, con il ritorno nella capitale di Silvio Berlusconi, si terrà  un vertice tra il Cavaliere e lo stato maggiore del Pdl. Domani, in una riunione allargata ai coordinatori provinciali e ai responsabili sul territorio, si tireranno le somme e si deciderà  se tenere o meno l’appuntamento che l’ex premier continua a osteggiare, ma che ormai anche nell’entourage del segretario considerano a rischio di autogol e che qualcuno vorrebbe derubricare a consultazione online.
A cambiare completamente il clima su una scelta che sembrava ormai presa (e che comunque a ieri sera veniva ancora ufficialmente confermata) molti fattori: il primo l’assoluta, rinnovata, riconfermata contrarietà  di Berlusconi, che anche ieri avrebbe fatto sapere ad Alfano che con le elezioni alle porte perdere tempo, energie e soldi in un evento destinato a sicuro insuccesso è una follia. Il secondo, l’oggettiva ristrettezza dei tempi: con l’election day sempre più probabile e il possibile scioglimento delle Camere ai primi di gennaio, le primarie spalmate su più domeniche diventano impossibili, e visto che l’unica data resta quella del 16 dicembre, con tre settimane o poco più per organizzare la sfida, portare la gente al voto diventa impresa improba.
Ma c’è un terzo motivo, tutto politico, che sta creando ulteriori spaccature: la candidatura di Giorgia Meloni. L’ex ministro è scesa in campo nonostante l’opposizione di tutti i big dell’ex An, da La Russa a Gasparri, da Matteoli a Corsaro ad Alemanno, schierati con Alfano. Ma, raccontano, dalla sua ha sul territorio un forte consenso, sempre crescente, tra amministratori locali, consiglieri provinciali, comunali, big del calibro di Musumeci, oltre al sostegno di Storace e soprattutto a una spinta di quel movimento giovanile che ha guidato e che ha grandi capacità  di coinvolgimento di un’opinione pubblica sensibile alla parola d’ordine del «mai con Monti e via i vecchi apparati».
Un problema grosso per gli ex An, che vedono rimessi in gioco pesi e posizionamenti della loro componente, ma un problema anche per Alfano, che deve far fronte a scontri interni fratricidi. Il tutto con una polverizzazione delle candidature che — se restasse tale — minerebbe sia la serietà  della competizione che il suo potenziale consenso.
Sì perché, a ieri sera, senza nemmeno ancora l’ufficializzazione delle candidature, gli aspiranti premier ammontavano a una ventina: «Se è così, è un circo Barnum!», si sfogava a nome di tutti Giampiero Samorì, poco dopo la rinuncia di Alessandra Mussolini («Non è una cosa seria, queste non sono primarie ma un congresso interno!», diceva attaccando la Meloni) e dell’avvocato Marra, che denunciava l’impossibilità  di raccogliere le firme senza collaborazione dei consiglieri del Pdl. Ma per due ritiri, ecco i nomi nuovi dell’immobiliarista Alessandro Proto, di Germana Lancia e anche del produttore tv Luciano Silighini Garagnani, vicino alla Minetti.
Chiaro, raggiungere le diecimila firme necessarie non sarebbe possibile per molti candidati e tutti ritengono che, se le primarie si faranno, saranno 5 o 6 i protagonisti (Alfano, Meloni, Santanchè, Samorì, Cattaneo e chissà  chi tra Biancofiore, Crosetto, Galan). Ma c’è chi fa notare che, anche così, il quadro sarebbe delineato secondo i voleri del Cavaliere: «Si sarebbero create le tre aree che vuole Berlusconi per lanciare lo spacchettamento: Alfano indebolito a capo dei resti del Pdl, la Meloni leader di un partito di destra, gli altri nella lista degli imprenditori».
Ipotesi, scenari, veleni, possibili e crescenti in un momento tanto drammatico e incerto. Nel quale anche uno dei fondatori storici di FI come Giuliano Urbani, al quale Alfano ha chiesto collaborazione da componente dei probiviri, replica con un «no grazie», richiamando lo spirito del ’94 e bocciando l’idea di un rassemblement dei moderati al quale guardano con speranza in tanti, a cominciare da Frattini che lo auspica.


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