Petraeus. Ma resta l’ombra del disastro di Bengasi

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WASHINGTON — David Petraeus, il «Generale», è caduto nella trappola di miele. Quell’amo che gli agenti segreti di tutto il mondo lanciano per pescare le loro vittime. Un vecchio trucco che funziona sempre. Perché la relazione extraconiugale può diventare un’arma di ricatto formidabile, capace di abbattere un monumento quale è il direttore della Company, la Cia. Ma questa è solo la parte finale dell’Operazione Petraeus. È l’epilogo triste per un ufficiale capace di tenere testa ai qaedisti. Un uomo di valore caduto sui valori. O meglio questa è la versione offerta al pubblico.
Ma c’è una doppia premessa. Personale e professionale. Prima lo scambio di email a luci rosse con l’amante Paula Broadwell, scambi iniziati quando Petraeus era ancora comandante in Afghanistan. Poi, un anno dopo, il disastro di Bengasi, l’assalto al consolato. Una sede particolare che era uno specchietto per distrarre l’attenzione da una base dell’intelligence. Due storie che si sono incrociate e accavallate.
I guai di Petraeus sarebbero iniziati all’epoca della missione a Kabul quale capo delle truppe americane. Una sua email all’amica dove parla di corruzione — questo il racconto — finisce ad un indirizzo sbagliato e qualcuno nell’intelligence la trova. Si apre così una crepa nella corazza nell’alto ufficiale. C’è una traccia digitale che può creargli problemi. Che diventano seri. L’Fbi archivia il fiume di messaggi dell’ufficiale all’amica. Una precauzione — spiegano gli agenti — per proteggerlo da eventuali ricatti.
Le email sono toste, con riferimenti sessuali espliciti, compreso la voglia di fare sesso sotto la scrivania. Disdicevole per un uomo sposato ma non certo un reato. Solo che è Paula a compiere un passo falso: secondo l’Nbc avrebbe cercato di avere accesso a informazioni top secret attraverso la sua love story. Per questo l’Fbi la mette sotto inchiesta (siamo in primavera). Un «lavoro» proseguito anche dopo la nomina di Petraeus a capo della Cia: sì, perché il Generale, nonostante sia stato lasciato dall’amica, la tempesta con migliaia di messaggi. Comportamento che fa nascere dubbi sulla sua tenuta.
Gli affari di cuore, dopo l’estate, si saldano alla pagina ancora oscura costata la vita all’ambasciatore Chris Stevens ed altri 3 americani. L’attacco diventa un caso da esplorare. Troppe le reticenze da parte del governo. In tanti si sono messi a «scavare» per capire cosa era accaduto la drammatica notte dell’11 settembre 2012 in Cirenaica. Così sono iniziate le fughe di notizie, le indiscrezioni, le soffiate. Alcune troppo precise per non essere vere o verosimili. Ed ecco che qualche «segugio», cercando le tracce dello scandalo, si è imbattuto in una gola profonda. Una persona che non amava il Generale o che desiderava farlo saltare. «Vuoi la carne? Eccola», avrà  detto l’informatore passando la dritta sulla relazione clandestina di Petraeus. Tutto era pronto per essere pubblicato. Quando il Direttore della Cia lo ha saputo non ha avuto altra scelta: dimissioni. Aspettando però che l’America votasse.
Petraeus ha tradito la donna che aveva conosciuto quando era ancora cadetto ed è venuto meno ai suoi valori. Ma a sua volta lo ha tradito chi non ha amato la sua gestione dell’Agenzia. Un profilo basso, senza clamori. Un’ombra, come deve essere il regista delle ombre. Non appena arrivato alla Cia, il Generale ha messo in subbuglio la burocrazia dell’intelligence portando un sistema che aveva adottato quando era in divisa. I funzionari in ascesa, nel corso della loro carriera dovevano frequentare le migliori università  della costa Est. Il sempre bene informato David Ignatius, commentatore del Washington Post, ha scritto che aveva cambiato anche alcuni meccanismi di promozione attirandosi l’animosità  degli esclusi. Qualche scontro poi era sorto con il responsabile del settore operazioni, per aver voluto schierare risorse importanti nella campagna libica. Ancora. Raccontano che, in alcune situazioni, avrebbe cercato di frenare le incursioni dei droni in Pakistan.
Petraeus, pur apprezzato come tecnico, era considerato da una parte degli agenti come un uomo troppo freddo. I veterani continuavano a vederlo come un militare. Di esperienza, con quattro stelle. Ma sempre un militare. E i soliti spifferi avevano rivelato l’irritazione, perché il direttore non era alla cerimonia in onore dei caduti di Bengasi. Un brutto segnale. Ma per chiudere la partita serviva altro, qualcosa che il passato di Petraeus non poteva sconfiggere. Alla fine lo hanno trovato. Le email all’amica finite nel dossier Fbi. E così il Generale non ci sarà  alla deposizione al Congresso su Bengasi. Per motivi strettamente personali.
Guido Olimpio


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