by Sergio Segio | 29 Novembre 2012 7:57
MILANO — Il passato continua a inseguire Mps come un esattore. A un semestre dall’azzeramento dei vertici e dal piano di riassetto che verteva su nuovi capitali pubblici da 3,4 miliardi, aumento (futuro) da un miliardo, tagli di filiali e personale, la banca senese ha deciso di chiedere al Tesoro 500 milioni in più, per coprire «possibili impatti patrimoniali di talune operazioni strutturate precedenti». La nota ufficiale finisce qui, ma si apprende che si tratterebbe di contratti di pronti contro termine (Repo) a lunga scadenza, con i quali furono finanziati gli investimenti in titoli sovrani montati tra 2009 e 2010. Sconsideratamente, ex post, perché la crisi del debito sovrano l’anno scorso ha falciato il patrimonio in Btp del Monte, e azzoppato la Fondazione prima azionista.
Il cda ora ha stabilito che il prestito pubblico, necessario per rispettare le richieste patrimoniali dell’Eba, sarà emesso entro il 28 dicembre dopo le autorizzazioni di vigilanza, e sarà ampliato a 3,9 miliardi. Non pochi, per un gruppo che capitalizza 2,3 miliardi, e tali che la Lega Nord ha chiesto al governo di commissariare una banca
«trascinata dalla cattiva gestione manageriale, le cui scelte sono sempre state avallate dal Pd senese e nazionale». Gli investitori, più mestamente, hanno venduto il titolo, fino a 0,197 euro (-2,18%).
Per giunta gli oltre 20 miliardi di Btp ancora in pancia a Mps non rendono quasi niente, a causa della scelta – altro errore marchiano di scambiare il flusso cedolare di quei titoli, che in questi mesi consola le ferite di tanti risparmiatori italiani, con una remunerazione legata al tasso Euribor interbancario (più una maggiorazione), nel frattempo crollato da circa il 4% allo 0,35% (a sei mesi). Dato che l’Euribor può (quasi) solo risalire, i senesi non toccheranno ora quegli swap, anche se costituiscono praticamente in toto i circa 2,65 miliardi di riserva negativa Afs stimata dal Monte (e che non contempla i 500 “nuovi” milioni per la riformulazione dei contratti di finanziamento per il carry trade). Poiché il nuovo management guidato dall’ad Fabrizio Viola e dal presidente Alessandro Profumo intende «tornare a livelli di redditività adeguati e sostenibili», e vista «la redditività negativa di tali operazioni strutturate, incluse nel portafoglio attività finanziarie con sottostanti titoli di Stato», la banca «procederà a rinegoziare la struttura di funding delle stesse con l’obiettivo di migliorarne la redditività ». La trattativa, che Siena vorrebbe chiudere entro l’anno, sarebbe con poche banche d’affari estere; intanto Mps s’è portata avanti, chiedendo al Tesoro un prestito che contempla la nuova perdita patrimoniale fino a 500 milioni. Per il conto economico, nel caso, sarebbero di più, e andrebbero ad aggiungersi agli 1,66 miliardi di rosso dei primi nove mesi, anche legati a svalutazioni di avviamenti per il secondo anno filato.
A Siena c’è un bisogno di ricevere il Monti bond entro il 31 dicembre, quindi si auspica il rapido sblocco del negoziato tra Tesoro e Commissione Ue sui termini finali di questi strumenti finanziari. Dovrebbe provvedere, forse già questa settimana, via XX settembre con un decreto che Bruxelles vaglierà . L’oggetto del contendere è il valore di emissione – se al prezzo di mercato come chiede l’Europa o al patrimonio come si vorrebbe in patria – delle azioni Mps da offrire come cedola sugli 1,9 miliardi di bond pubblici già in essere e sull’intero ammontare dall’anno prossimo. A un tasso stimato sul 10% annuo, con questi prezzi di Borsa già a gennaio il Tesoro potrebbe trovarsi secondo azionista a Siena con un 7,4% circa.
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