Misure cautelari per 19 attivisti no Tav, in 9 sono ai domiciliari

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TORINO. Il blitz, come ogni volta, scatta all’alba. Piemonte, Lazio, Lombardia, Trentino le regioni interessate. Diciannove le misure cautelari (nove arresti domiciliari) decise dal gip Rosanna La Rosa ed eseguite dagli agenti della Digos, ieri mattina, nei confronti di altrettanti attivisti No Tav. Succede a pochi giorni dalla manifestazione a Lione, il 3 dicembre, in occasione del vertice italo-francese, e in contemporanea allo sgombero e ai sigilli posti al presidio del movimento a Chiomonte. Ecco perché, nell’atrio di Palazzo Nuovo, sede della facoltà  umanistiche a Torino, poche ore dopo la notizia, Alberto Perino e Lele Rizzo parlano di «operazione a orologeria».
Finiscono sotto inchiesta due diversi episodi: l’aggressione di una troupe di H24 al servizio per il Corriere della sera, il 29 febbraio scorso, nei concitati giorni dopo l’incidente occorso a Luca Abbà , e l’occupazione il 24 agosto degli uffici di Geovalsusa, società  in corsa per un appalto legato al cantiere della Maddalena.
Per il primo sono finiti ai domiciliari Massimo Passamani, di Rovereto, e un militante romano del Forte Prenestino; il csoa denuncia il tentativo «di criminalizzare il variegato e risoluto movimento». Devono rispondere dei reati di violenza privata, danneggiamento e rapina; per il fatto sarebbero indagati anche sei persone, tra cui un francese. Gli altri provvedimenti riguardano l’occupazione simbolica di Geovalsusa e riguardano militanti dei centri sociali Askatasuna e Gabrio, la metà  sono studenti e incensurati: sette arresti domiciliari, quattro divieti di dimora a Torino e sei obblighi di firma. Devono rispondere di violazione di domicilio aggravata e violenza privata; per tre di loro la procura di Torino ha ipotizzato il reato di resistenza. «Quella di agosto è stata una manifestazione a volto scoperto, ci sono attivisti colpiti dalle misure che nemmeno sono entrati nella palazzina» spiegano i No Tav. Per questo episodio, obbligo di dimora anche per Francesco Richetto, uno dei leader del movimento.
Manifestazioni di solidarietà  in diverse città  italiane. Il movimento parla di «due pesi e due misure» usati dall’autorità  giudiziaria, con arresti a pochi giorni dalla manifestazione di Lione e nel giorno dell’inizio dello scavo del tunnel geognostico: «La sensazione in Val di Susa – ha detto Alberto Perino – è che la magistratura sia al servizio dei poteri forti, di Ltf, del Pd. Le grande opere sono il bancomat dei partiti come dimostrato le inchieste fatte in tutta Italia meno che a Torino». Per Lele Rizzo ci sono aspetti «singolari negli arresti per l’occupazione di GeoValsusa, nervo scoperto degli intrecci attorno al Tav. Tra i reati c’è persino quello di aver utilizzato delle fialette puzzolenti». I No Tav denunciano un accanimento della Procura, «basta solo ricordare la convocazione ai servizi sociali di alcuni genitori di No Tav minorenni perché semplicemente volantinavano materiale del movimento». E sullo sgombero del presidio vicino al cantiere: «A Chiomonte – ha detto Perino – la giustizia non è uguale per tutti. È stato sequestrato il presidio di Gravella, che è abusivo, è vero. Ma perché il Comune di Chiomonte non ha mai segnalato altre casette abusive, alcune fatte anche da carabinieri, fuori dall’orario di lavoro, col tetto in eternit?».
«Il presidio – ha commentato Luca Abbà  – dava molto fastidio, ma noi lo daremo ancora l’8 dicembre con una grande mobilitazione». Solidarietà  da Ferrero e Locatelli Prc («repressione non di uno stato di diritto»), Scarinzi Cub e Bono M5s. Nicoletta Dosio, attivista storica, ieri mattina era fuori dal comune di Chiomonte mentre altre donne lo occupavano: «La tecnica del divide et impera non funziona, siamo sempre più solidali tra noi». In vista del vertice di lunedì i No Tav hanno scritto a Monti e Hollande per chiedere l’abbandono del progetto.


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