Meno materie prime, Ilva verso la paralisi

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TARANTO. Nuovo provvedimento dei custodi giudiziari dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto: all’azienda siderurgica è stato vietato lo scarico di minerali nella misura superiore alle 15 mila tonnellate. Il verbale che contiene la nuova disposizione è stato redatto dopo il sopralluogo tecnico effettuato mercoledì ed è una nuova misura in preparazione della fermata degli impianti, dal momento che gli altiforni in funzione (il 2, il 4 e il 5) consumano circa 50 mila tonnellate di materie prime al giorno. Nel verbale si legge che «non saranno concesse autorizzazioni straordinarie per lo scarico di altri materiali che abbiano giacenze superiori alle due settimane e per quantitativi che oltrepassino la misura stabilita», salvo condizioni particolari che saranno valutate dai custodi stessi. La decisione riguarda il materiale denominato carajas, utilizzato per l’area agglomerato ed è riferita specificatamente al carico della nave «Gemma», il cui attracco è previsto per il prossimo 30 novembre, con una giacenza non ancora quantificata con esattezza. «Se non intervengono altri fattori, il materiale sarà  in giacenza zero almeno un giorno prima dello sbarco, con prevedibili fermate impiantistiche a catena dalle conseguenze al momento non quantificabili»: questo quanto dichiarato dal responsabile dell’area Altiforni Ilva, Vincenzo Dimastromatteo. Il ritardo dello sbarco di materie prime da due motonavi secondo fonti aziendali avrebbe provocato un danno pari a circa 526 mila dollari. Già  nell’ultima settimana di ottobre, infatti, i custodi vietarono a una nave di scaricare olivina, uno dei componenti essenziali proprio per la carica dell’agglomerato. Del resto, il sequestro degli impianti in atto, non prevede la facoltà  d’uso per l’attività  produttiva, ma lo spegnimento e il loro rifacimento.
Oggi a Roma il ministro dell’ambiente Corrado Clini riceverà  i vertici dell’Ilva, dopo che l’azienda si è detta impossibilitata all’applicazione dell’AIA per la mancanza di «disponibilità  giuridica e materiale degli impianti». Fattore che per il Gruppo Riva non permetterebbe alcun intervento manutentivo e modificativo, visto che i «poteri e le responsabilità  degli impianti» appartengono ai custodi giudiziari. L’Ilva ha inoltre ribadito che si potrà  avviare «l’applicazione delle prescrizioni dell’autorizzazione ambientale dopo aver ottenuto la piena e completa disponibilità  dei beni»: ovvero il dissequestro degli impianti. Richiesta che il presidente del Cda, Bruno Ferrante, formalizzerà  alla magistratura nei prossimi giorni. Il ministro Clini lancia comunque messaggi all’azienda e alla magistratura: «Se l’Ilva si illude di poter continuare a produrre senza aggiornare le tecnologie, si sbaglia; ma se altri si illudono di poter vietare all’Ilva di investire nelle tecnologie innovative, si sbagliano pure».
Infine, il sindaco Stefà no ha scritto al premier Mario Monti e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per ricordare che la vicenda Ilva, «ha pesantemente acuito una situazione sociale e ambientale già  oggettivamente difficile e pesante da sostenere da parte della collettività  tarantina». Per questo il primo cittadino chiede al più presto un incontro.


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