Massacrare non è reato

by Sergio Segio | 17 Novembre 2012 7:55

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RIJEKA (FIUME). Da settimane i media della Croazia, dai giornali alla televisione, hanno tenuto desta l’attenzione sul processo a carico dei generali croati Ante Gotovina, e Mladen Markac chiamati a rispondere di crimini di guerra davanti al Tribunale internazionale dell’Aja. Li commisero, diceva l’accusa, nell’«Operazione Tempesta» dell’agosto 1995. Che portò alla cacciata dei serbi e delle loro milizie dalla cosiddetta Repubblica autonoma della Krajna, regione della Croazia abitata per secoli fino ad allora da una popolazione prevalentemente serba. Da quelle terre fu cacciato il 90 per cento della popolazione mentre oltre 3.000 persone perlopiù vecchi e malati rimaste nelle loro case furono barbaramente massacrate. Per circa due anni, dopo la cosiddetta liberazione, in quella regione si susseguirono gli incendi delle case, distrutte anche con l’esplosivo, per impedire che le popolazioni fuggite in Serbia e in Bosnia tornassero nelle terre in cui i loro avi erano arrivati quattro secoli prima fuggendo davanti dai turchi.
A sette mesi e mezzo dalla sentenza di prima istanza, quando il Tribunale penale internazionale dell’Aja aveva condannato i due generali croati – Gotovina a 24 e Markac a 18 anni di carcere – ieri 16 novembre è stato emesso il verdetto definitivo della Corte di appello: assoluzione piena. Se la meritavano? Tra i cinque giudici – un polacco americano, un turco, una senegalese, un maltese e l’italiano Fausto Pocar di Milano – il polacco americano Theodor Meron a suo tempo aggiunse 12 anni di carcere a un ufficiale serbo condannato in prima istanza soltanto a 5 anni per un massacro compiuto in Croazia. Stavolta lo stesso Meron ha chiesto l’assoluzione di Gotovina e Markac e l’ha ottenuto. Ripetiamo: se la meritavano?
Otto croati su dieci rispondono di sì, ma otto croati su dieci condannano il delirio di quei loro connazionali che vogliono santificare quei generali, troppi, dietro i quali è pure rimasta una lunga scia di sangue. Mentre detto questo servizio i due generali croati sono arrivati in aereo a Zagabria accolti non solo da ovazioni e applausi ma anche da fuochi di artificio. A Zagabria e in altre città  croate la notizia è scoppiata come una bomba, provocando il crollo delle dighe contro l’euforia nazionalistica erette negli ultimi mesi dal governo di centro-sinistra. L’alluvione dei nostalgici di Tudjman è stata inarrestabile. L’euforia, siamo certi, continuerà  a lungo sull’onda dell’entusiasmo attizzato soprattutto dalle forze nazionalistiche e di destra. La cosiddetta guerra patriottica del 1991-1995 che seminò decine di migliaia di morti e infinite distruzioni viene definita «giusta e santa». Si dimenticano i massacri compiuti dai «giusti». Per tutto il giorno, perfino nella notte, la tv di Zagabria ha dato risonanza ai raduni degli ex combattenti ma anche di aderenti ai partiti di destra e filo-ustascia che esprimono la loro ebrezza con canti, discorsi e slogan esaltando i cosiddetti eroi della guerra patriottica dei quali il generale Gotovina è diventato il massimo esponente, con la testa circondata dall’aureola dei santi. Ricordiamo a proposito di eroismo e santità  che il Gotovina, divenuto capitano nella Legione straniera francese nella quale si era rifugiato, e chiamato in patria dal «supremo» Tudjman che lo promosse subito generale per guidare il nuovo esercito croato, finì nel carcere dell’Aja nel dicembre del 2005, quattro anni dopo essere stato accusato di crimini di guerra. Aveva trascorso «eroicamente» la lunga latitanza negli alberghi delle Canarie…
E i giorni e settimane trascorsi in attesa della sentenza definitiva tutte le forze patriottiche croate avevano definito il Tribunale internazionale dell’Aja un’associazione politica, anticroata, dando per scontata una sentenza politica di colpevolezza. Di qui le marce, i comizi ed altre manifestazioni in difesa degli «eroi». Improvvisamente da ieri il Tribunale dell’Aja non è più un partito politico né un organismo anticroato. Gotovina e Markac arrivati a Zagabria nel pomeriggio sono stati accolti come supereroi, in trionfo sui cartelloni dei loro sostenitori si leggeva «Una vittoria della verità !». Autobus e taxi portavano striscioni con la scritta «La Croazia non dimenticherà  mai i suoi eroi». Si sono viste donne con le coroncine del rosario in mano. Il generale Markac ha gridato alla folla, all’aeroporto: «Iddio esiste!». A Fiume niente folle. Un centinaio di ex «difensori della patria» hanno raggiunto a piedi il santuario della Madonna di Tersatto… un alto dignitario della Chiesa ha esclamato: «I nostri voti sono stati esauditi».
L’altro ierisera, su invito dei vescovi e in attesa della sentenza, presso la Cattedrale zagabrese e in tutti i duomi del paese si era celebrata una veglia di preghiera per implorare la liberazione dei due generali. Nella stessa giornata i vescovi si erano riuniti nella capitale per la 45ma sessioni plenaria della Conferenza episcopale. Oggi la Cattedrale di Zagabria è tornata a riempirsi per il canto del Te Deum invocato dal cardinale Bosanic, primate della Chiesa cattolica croata che si è cimentato anche in un discorso focoso sul patriottismo croato. In questa manifestazione politico-religiosa seguita alla notizia dell’assoluzione e liberazione dei generali, le colonne dei fedeli con le bandiere nazionali in testa, sono state guidate da sacerdoti e dai cosiddetti «volontari della guardia nazionale» mandati nella Krajna venti anni fa. Davanti alla Cattedrale sono arrivati marciando 2.000 difensori della patria. Dopo un comizio sul piazzale questi uomini in uniforme mimetica e circa 500 cittadini – cifre fornite oggi dalla televisione – sono entrati nel tempio per ringraziare il signore di aver protetto i generali eroi. A concelebrare la messa sono stati tre vescovi vicari del primate cardinale Iosip Bozanic; fra cui l’ordinario militare Iurai Jezerinac, e una decina di sacerdoti. Negli ultimi due decenni, ha detto uno dei vescovi gli ex difensori della Croazia hanno portato sulle loro spalle il massimo peso dei sacrifici, trovando conforto nelle chiese dove si sono sempre riuniti in preghiera come fanno anche oggi per sostenere i loro generali, i nostri grandi eroi. 
In altre parole oggi come venti anni fa, la Chiesa cattolica croata è sempre alla testa dei movimenti «patriottici» nazionalisti fomentando l’odio verso i serbi cosiddetti scismatici. I quali, a giudicare dalle reazioni di Belgrado non hanno per nulla gradito la sentenza dell’Aja. Il giornale Blitz titolava: «Gotovina e Markac liberi, uno scandalo». Nel testo si ricorda l’Operazione Tempesta «condotta dalle milizie croate nella Dalmazia settentrionale, nella Lika, nel Kordun e nella Banja, nel corso della quale furono cacciati circa 230mila serbi dalla Krajna, dei quali 30mila soltanto erano soldati». Contro di loro si abbatterono 138.500 soldati e poliziotti croati ma anche legionari bosniaco-erzegovesi di nazionalità  croata. Secondo le fonti serbe, durante l’operazione e soprattutto dopo, furono uccisi circa 2.000 civili serbi, dei quali più della metà  superavano i 62 anni di età . La sentenza dell’Aja, conclude il giornale serbo, è un’offesa alle vittime.
L’emittente televisiva nazionale serba, a sua volta, parla di una «decisione scandalosa, come se l’Operazione Tempesta non ci fosse mai stata». Soltanto lo studio tv B-92 che nella guerra civili 1991-1995 avversò duramente la politica di Slobodan Milosevic, si è limitato a constatare che, dopo la notizia arrivata dall’Aja «la Croazia è stata sommersa da un’ondata di isterismo».
* Scrittore e giornalista croato d’origine italiana, autore fra l’altro di testimonianze dirette e di un diario di guerra pubblicato a Roma nel libro «Croazia, Operazione Tempesta» (Gamberetti ed.) 1996

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