Ma la resa dei conti è solo rinviata il ministro ora attende i passi dei pm

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ROMA – Come in una partita di poker, il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri “passa”. Respinge le dimissioni di Nicola Izzo. Ora. Rendendo esplicito che la decisione potrebbe cambiare domani. Se a mutare dovessero essere il contesto e le «condizioni» dell’assedio che stringe il vertice del Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Se dunque il sospetto avanzato da un Anonimo dovesse essere riscontrato e tradursi nella concretezza di un atto giudiziario. Quale che fosse la Procura della Repubblica che lo dovesse firmare. Roma (dove ieri Izzo si è spontaneamente presentato per rendere testimonianza al Procuratore Pignatone, dall’aggiunto Caporale e al pm Felici) o Napoli, dove Izzo è indagato con il prefetto Giovanna Iurato per turbativa d’asta. Insomma, in un colpo solo, la mossa del ministro, se le lascia le mani libere, fa tuttavia “prigioniero” non il solo Izzo, ma anche il capo della polizia Antonio Manganelli, risucchiato in una solidarietà  pubblica al suo vicario che è apparsa tanto obbligata, quanto impacciata. E che ora, gioco-forza, finisce per accomunare il destino di entrambi. Rendendo entrambi più deboli di fronte all’autorità  politica. In un simul stabunt, simul cadent che scommette solo sui tempi (lunghi) che l’accertamento giudiziario della verità  necessariamente richiederà .
Cominciato come la storia di un Corvo, l’affaire che riguarda il Sistema che governa gli appalti della “Direzione Centrale per i servizi tecnico-logistici e la gestione patrimoniale”, è dunque sfuggito definitivamente di mano all’apparato in cui è stato incubato. E in cui era stato silenziato. Non soltanto alla vigilia dell’estate scorsa, quando lo scartafaccio che accusa Izzo aveva cominciato a circolare al Viminale. Ma già  il 4 giugno del 2010, quando un Izzo fresco di nomina a vicecapo era stato raggiunto dall’avviso di garanzia della Procura di Napoli per la turbativa d’asta sull’appalto da 37 milioni di euro per la banca dati CEN (Centro elaborazione dati nazionale) affidato alla Elsag-Datamat, società  di Finmeccanica di cui era consulente il marito del prefetto Giovanna Iurato (succeduta nel 2007 proprio ad Izzo al vertice della Logistica del Viminale).
È un fatto, del resto, che né in quel frangente (era ministro Maroni), né nei due anni successivi il Dipartimento abbia avviato alcuna verifica interna per accertare autonomamente cosa fosse accaduto o accadesse in quel macroscopico centro di spesa. È un fatto che, con scelta quanto meno insolita, nel marzo 2011, fu il Viminale a suggerire che il suicidio di Salvatore Saporito, funzionario del tecnico-logistico, fosse figlio del crollo psicologico dell’uomo dovuto alla sua iscrizione al registro degli indagati di Napoli (e non, come ora sostiene il Corvo, alla “mobbizzazione” cui era stato sottoposto per aver tentato di sottoporre all’attenzione della catena gerarchica le malversazioni di cui era stato testimone). Ed è un fatto che solo ora, a seguito della pubblicazione delle carte del Corvo, la Cancellieri parli dell’avvio di un’indagine interna. Che tuttavia – come confermano fonti qualificate del Dipartimento – non ha per altro alcun crisma di inchiesta ispettiva, ma solo l’informalità  di una “raccomandazione” espressa dal ministro a Manganelli perché il nuovo direttore della Direzione tecnico-logistica (il prefetto Raffaele Aiello, subentrato a Giuseppe Maddalena l’1 agosto scorso) presenti rapidamente una relazione sullo stato dell’arte dell’ufficio nell’occhio del ciclone.
La sfida del Corvo diventa dunque anche la partita su un’intera catena gerarchica e sull’uomo che ne è al vertice: il Capo della Polizia Manganelli, vicino a una scadenza di mandato che i suoi avversari, ora, vedono suscettibile di chiudersi prima del tempo se la faccenda di Izzo dovesse precipitare. Con un ricambio che, a quel punto, diventerebbe radicale e cui dovrebbe mettere mano proprio la Cancellieri e non un futuro ministro dell’interno espresso da una nuova maggioranza “politica”. Molto dipenderà  certamente dalla Procura di Roma. Ma decisive, probabilmente, potrebbero essere le mosse della Procura di Napoli che si avvia ormai a tirare una riga sotto un’inchiesta che dura da quasi tre anni.


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