by Sergio Segio | 5 Novembre 2012 8:15
PALERMO — In pieno agosto, fu davvero tentato di scendere in politica. Leoluca Orlando e Antonio Di Pietro gli chiedevano di candidarsi come presidente della Regione Sicilia. Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, il coordinatore del pool d’indagine sulla trattativa mafia-stato, incontrò prima il sindaco di Palermo, poi il portavoce di Italia dei Valori. Qualche indiscrezione girò presto, fece capolinea sui giornali, ma venne subito smentita dal magistrato.
Però, intanto, altri incontri fra Palermo e Roma si susseguivano. Fino a quando, il 30 agosto, durante un dibattito nel cuore della Toscana, a Pontremoli, Ingroia spiazzò tutti, dichiarando: «È escluso che io possa candidarmi in nome di liste o sigle di partiti.
Non mi pare che allo stato ci siano le condizioni per mie candidature in generale, ma certamente mai sotto le bandiere di un partito». Qualche ora prima, aveva confidato a un amico che quella proposta di candidarsi alla presidenza della Regione l’aveva certo lusingato, ma precisò che avrebbe preferito riceverla da uno schieramento ampio. Così, in quei giorni, la vera risposta doveva offrirla Di Pietro a Ingroia. Ma lo schieramento ampio non maturò attorno all’Idv e il magistrato palermitano ribadì, al suo ritorno a Palermo: «Non vedo, al momento, le condizioni per una mia candidatura. E non mi pare che per ora ci siano i presupposti per altre cose».
Adesso, Ingroia sta preparando le valigie per il Guatemala, dove guiderà l’unità investigativa di una commissione Onu che si occupa di criminali del vecchio regime e di narcos. Oggi, sarà l’ultimo giorno di lavoro al palazzo di giustizia di Palermo per il coordinatore del pool sulla trattativa: depositerà al gip una memoria che riassume l’atto d’accusa della Procura sul patto mafia-Stato. Poi, venerdì, si insedierà nel suo nuovo ufficio. L’ingaggio prevede la permanenza in Guatemala per un anno, ma Ingroia ha firmato un contratto di diritto privato, che potrà rescindere in ogni momento.
Fino a ieri, però, il magistrato ribadiva ai giornalisti che gli chiedevano di una sua possibile discesa in politica: «Solo indiscrezioni giornalistiche. Non c’è nulla di concreto». E così liquidava il titolo di apertura del Giornale e l’indiscrezione su una candidatura a premier con il sostegno di Grillo e di Idv. Ma l’indiscrezione piace comunque a un pezzo di antimafia, e così tra Facebook e vari blog è nato già un movimento di sostenitori pro Ingroia in politica. E i fan non sono solo sul web: ieri mattina, Ingroia è entrato alla libreria Modusvivendi di Palermo, per presentare il suo ultimo libro (“Palermo”, edito da Melampo), fra gli applausi di giovani e meno giovani. «Siete l’Italia migliore», dice lui dopo aver ripercorso gli ultimi vent’anni da magistrato in Sicilia. «Non ho mai cercato il consenso della gente attorno alle mie indagini — ripete — mi spiace che non l’abbiano compreso tanti miei colleghi, soprattutto quelli di Magistratura Democratica». La riflessione si dirige presto verso il tema della politica: «Ci vuole un segnale chiaro nella lotta alla mafia», dice Ingroia. «Il ministro Severino si faccia promotore di un’iniziativa per modificare il 416 ter e punire il patto elettorale tra mafia e politica ». Il pm vede Cosa nostra in attesa: «L’astensionismo della mafia potrebbe essere un avvertimento politico ai possibili interlocutori, in vista di nuovi patti». Di certo, Ingroia non usa mezzi termini per definire la classe dirigente italiana «di ogni tempo, di ieri e di oggi»: «Ci vorrebbe — dice — una classe dirigente sulla linea dell’intransigenza, anziché della trattativa». Dalle ultime file, qualcuno dice: «Dottor Ingroia, ci affidiamo a lei, non parta». Lui sorride: «Per il momento, vado in Guatemala. Poi, si vedrà ».
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