by Sergio Segio | 11 Novembre 2012 8:35
È successo venerdì, a margine del congresso del Partito comunista. Luyuan era stata selezionata per assistere alle discussioni di delegazioni e ministri. Non è solo un’alunna di «sesta», la prima media italiana: è anche una reporter, accreditata dal Chinese Teenagers News. Ed è stata una sua domanda sulla sicurezza alimentare a imbarazzare un ministro della Repubblica Popolare. La giovanissima giornalista ha colpito frontalmente, senza sotterfugi. «Amo le merendine. Però non ho il coraggio di mangiarle. Neppure i miei compagni di classe. Ci sono talmente tanti cibi velenosi in giro… Allora chiedo a tutti gli zii e a tutte le zie che sono ministri: noi bambini possiamo mangiare cibo senza doverci preoccupare?». L’interrogativo, riportato dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, è planato ruvidamente sul segretario del Consiglio di Stato (il governo), Ma Kai, che ha girato la questione al ministro dell’Educazione, Yuan Guiren.
Il tema è cruciale. La sicurezza alimentare è uno dei temi intorno ai quali la sensibilità dell’opinione pubblica è più acuta e su cui il Partito si gioca la credibilità . Gli episodi di intossicazioni per alimenti contraffatti, preparati senza rispettare norme igieniche e leggi, gli avvelenamenti da piombo o da sostanze chimiche si succedono con drammatica regolarità . Dove non arriva la stampa (e spesso arriva) a raccontarli, ci pensa il tam tam dei microblog. Le punizioni sono severe, come nel caso delle organizzazioni che riciclano per uso alimentare l’olio di scarto dei ristoranti. E il caso dei sei bambini morti e dei quasi 300 mila ammalatisi per il latte tagliato con la melamina nel 2008 è stato solo il più vistoso.
Così il ministro Yuan ha dovuto rispondere, con il vago, legnoso lessico burocratico. «Abbiamo messo a punto una serie di sistemi di verifica per garantire la sicurezza del cibo». Luyuan, troppo buona, si è dichiarata soddisfatta della risposta: «Credo che i ministri risolveranno il problema. Sì, sono ottimista». Meno ottimisti però dovrebbero essere i leader cinesi. Se la sfiducia della popolazione arriva fino a un’undicenne un po’ impertinente, non importa quanto imbeccata dagli adulti, significa che il rapporto di fiducia si sta incrinando davvero. E non basterà a suturare il solco l’ostentata trasparenza del segretario del Partito di Shanghai, Yu Zhengsheng, in predicato di entrare tra i sette o i nove del comitato permanente del Politburo, che annuncia di essere disposto a rivelare tutti i suoi averi. La domanda candida di una ragazzina può anche riconoscere i guasti di corruzione e avidità . Ma risolvere due delle piaghe della Cina è un lavoro da grandi.
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