«Qui ci sono svariati milioni» I rapitori e la banca a Lugano

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MILANO — «Ti dico nel succo il ragionamento che gli devi fare», spiega il 13 novembre il capo dei rapitori del contabile di Silvio Berlusconi, Francesco Leone, al comasco Alessio Maier che tramite un certo «Luca» sta per andare a Lugano a parlare con il direttore dell’istituto cooperativo regionale Raiffeisen Bank: gli deve dire «Qui stanno svariati milioni di euro che dobbiamo mettere nella cassetta e nelle cassette di sicurezza devono stare protette, che mi puoi consigliare? A operazione avvenuta esce il caffè anche per te».
Questa conversazione captata in auto, alla quale in effetti segue la telefonata al direttore della banca per l’appuntamento il giorno dopo, segnala — proprio come le altre già  note intercettazioni sugli «8 milioni di euro», sui «svariati milioni», sulla «valigia di soldi», sulla «botola», sulle «cassette di sicurezza» in due banche di Buguggiate e Varese, e sulla Ferrari spider da 230.000 euro prenotata da uno dei rapitori — che i 3 italiani e i 3 albanesi, arrestati lunedì per il sequestro-lampo di Giuseppe Spinelli tra il 15 e 16 ottobre, almeno dal 9 novembre si comportavano come se davvero disponessero già  o contassero sulla imminente disponibilità  di una grossa somma. Che progettavano di difendere prelevando il contenuto delle cassette di sicurezza italiane e sostituendolo con banconote facsimile da affidare a un complice-cavia alla dogana svizzera, diversivo per portare invece di persona nella banca di Lugano il denaro vero (sinora però non trovato, se è esistito). L’appuntamento svizzero “salta” perché i pm bloccano le cassette nelle due banche italiane facendo inventare una rapina agli sportelli. Imprevisto al quale il direttore di Lugano, adontandosi con Maier, giustamente non crede: non siete professionali, lo apostrofa, «sono barzellette».
Coincidenze di format
Nel sequestro-Spinelli ricompaiono alcune scene che agli abbonati alle inchieste berlusconiane riecheggiano analogie finite agli atti già  di un altro scandalo: l’intercettazione segreta del ds Fassino portata il 14 dicembre 2005 ad Arcore come regalo di Natale ai fratelli Silvio e Paolo Berlusconi da un infedele collaboratore dei pm (Roberto Raffaelli) e da un ex socio di Paolo Berlusconi, Fabrizio Favata.
Spinelli, infatti, a proposito della chiavetta informatica sulla quale a dire dei sequestratori c’erano «7 ore e 41 minuti di registrazione che avrebbero danneggiato De Benedetti in relazione al lodo Mondadori» e il filmato in dvd di una cena complottarda di Fini con magistrati di quel processo, racconta che per una impasse tecnica i rapitori non riuscirono a fargli visionare il contenuto: «Il computer era acceso e ho detto “Meno male, siamo in grado di vedere”, ma loro mi hanno detto che il sistema del mio computer non era compatibile con il programma su cui era stato registrato il Dvd e la chiavetta». È la stessa scena accreditata da Raffaelli per l’intercettazione di Fassino davanti ai Berlusconi ad Arcore nel 2005: il pc portatile si sarebbe impallato, senza riuscire a fargliela ascoltare.
Curiosa anche l’assonanza di due frasi che compaiono in entrambe le vicende. Secondo Spinelli, uno dei rapitori a proposito del filmato (sinora non trovato come pure la chiavetta) gli raccontò che «in quella cena Fini avrebbe parlato ai magistrati pregandoli di aiutarlo a mettere in difficoltà  Berlusconi» e dicendo loro «che per questo gli sarebbe stato grato tutta la vita». È la stessa frase che Favata asserisce sia stata pronunciata nel 2005 da Silvio Berlusconi, e che Raffaelli attribuisce invece al fratello Paolo, a beneficio di chi gli stava portando l’audio di Fassino: «La mia famiglia vi sarà  grata in eterno».
C’è una eco persino nel fatto in sé: il tentato sequestro, sventato in extremis nel 2007 dalla GdF con l’arresto dei rapitori palermitani, di un socio (Giovanni Cottone) che con Favata e Paolo Berlusconi era stato nella «Solari.com» per commercializzare decoder del digitale terrestre. Anni dopo, Favata prospetterà  di «poter dare un pizzicotto a Paolo Berlusconi», cioè «un avvertimento per lasciargli intendere che era disposto a pubblicizzare altre situazioni per lui ben più pericolose», minacciando di consegnare ai giornali un memoriale su come a suo dire un maquillage dei conti aveva limitato perdite della società  ben superiori a quelle emerse.
Altri 3 (piccoli) indagati
Se queste sono solo suggestioni, la realtà  spicciola registra invece tre nuovi indagati ma per esigenze tecniche di perquisizioni: il prescelto “cavia” per la dogana svizzera, e due uomini incontratisi a Como con Leone, che oggi sarà  interrogato dal gip come gli altri 5 arrestati.


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Roma, piazza San Pietro, alle 7,06 del pomeriggio. Folla enorme, grida, bandiere. Un cielo cupo, una pioggia fitta e sottile, un delirio di voci e di colori. Poi la pioggia si calma, mentre scende il buio. Miracolo, dice qualcuno. Fumata bianca: anzi candida, come non si era mai vista finora: grazie anche ad alcuni additivi chimici, dicono. Luci di flash, poi i suoni delle bande militari, i colori delle bandiere e delle uniformi pontificie e italiane.

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