Lo sciopero dei 15enni

by Sergio Segio | 11 Novembre 2012 9:27

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ROMA. Un movimento lo vedi dall’entusiasmo. Dalle finestre che si aprono quando sfila il corteo, c’è chi riprende puntando gli occhi liquidi nello schermo dell’Ipad, mentre un signore con le stampelle e una pipa pericolosamente si sporge da una balaustra e lancia le mani avanti, in un abbraccio colossale. Sono centinaia gli studenti dei Castelli che lo accolgono con un boato: «Scendi giù, manifesta pure tu!» ritma Maya al megafono. Ha 16 anni, indossa un chiodo attillato, le doctor Martens basse, i capelli rasati a zero a destra e lunghissimi a sinistra. Veste di nero rigoroso, come non vedevamo da anni. L’entusiasmo è un affetto collettivo che ieri è esploso, potente, lungo il percorso tra piazza dell’Esquilino e il ministero dell’Istruzione a Trastevere dove hanno manifestato 50 mila studenti medi, insegnanti e docenti precari, genitori e nonni. Lo riconosci dalla corsa dietro gli striscioni delle quindici scuole occupate a Roma (sette solo a Ostia, altre lo saranno nelle prossime ore); dal numero di documenti o mozioni – un centinaio – firmate dai docenti che protestano contro l’aumento dell’orario lavorativo a 24 ore e hanno sospeso i viaggi d’istruzione, limitandosi alla «didattica essenziale». L’entusiasmo è questo desiderio di tornare a bloccare strade sempre nuove: a Nord la Trionfale, a Sud la Tiburtina a Cinecittà , a Est la Togliatti. Le scuole sanno di potere prendere il controllo della città . Ognuna ha il proprio spicchio. L’organizzazione ha trovato una piega felice, e le voci si rincorrono. I ragazzi si passano i volantini. Si scambiano gli appuntamenti. Mercoledì 14 novembre, giorno dello sciopero europeo, a Roma si incontreranno al mattino, si uniranno ai 4 cortei che si preannunciano foltissimi, e continueranno i blocchi al pomeriggio. La città  sarà  trasformata in un’enorme spazio liberato per un giorno intero. Sarà  uno sciopero metropolitano, o almeno così sembra. Fatto dai quindicenni.
A questa potenza è arrivato, in due mesi, il movimento contro la legge «ex Aprea» che riforma gli organi collegiali, permette l’ingresso nella scuola ai privati e aumenta del potere dei dirigenti scolastici. Ci sono state avvisaglie nei cortei del 5 e 12 ottobre, e da allora c’è un’energia che attraversa le scuole di ogni grado da Bari a Milano. Ieri scorreva, palpabile, tra i cordoni dei giovanissimi del Fermi, della Diaz o del Primo Levi. Entusiasmo, affetto, comunque lo si chiami sarà  questo il motore vivo di una giornata con decine di cortei in tutto il paese. La sua forza è data anche dalla mobilitazione permanente delle Rsu. Eugenio Ghignoni, segretario generale Flc Roma centro, vive la nuova onda in maniera appassionata. E ripensa alla mobilitazione del 2008 contro la Riforma Gelmini: «Allora erano le scuole primarie e le famiglie, insieme ai precari, a muoversi. Poi vennero gli studenti universitari – racconta – Oggi c’è una saldatura più netta con gli studenti medi e il movimenti dei precari provocata dall’imposizione della legge Aprea e dal dimensionamento scolastico che accorpa le elementari e medie creando poli con oltre mille studenti». È un altro degli effetti dei tagli che hanno eroso 1500 posti di lavoro tra il personale amministrativo e i dirigenti, sprofondando nel caos decine di istituti. I docenti precari «uniti contro i tagli», i primi a muoversi a fine agosto contro il concorso «truffa» di Profumo ieri erano in testa al corteo. Hanno dedicato idealmente la manifestazione a Carmine, l’insegnante precario che si è tolto la vita a Palermo nei giorni scorsi. Questi trentenni, determinati e disperati, hanno avuto l’intuizione di un movimento che oggi è diventato generale nella scuola, caricandosi sulle spalle l’esangue opposizione italiana contro le politiche dell’austerità . La scuola guarda lontano, a Bruxelles e a Berlino, e sa che le loro decisioni influiranno sulla vita delle persone.
Mercoledì sarà  un giorno duro e festoso per Tristano, 17 anni, studente del liceo artistico in via di Ripetta: «Il futuro che ci preparano mi fa rabbia – afferma – quando avremo finito di studiare resteremo precari. I miei genitori dipingono entrambi, e come noi vivono molti che non hanno un contratto e non possono affittarsi una casa. Ci chiedono la busta paga, ma noi non ce l’abbiamo». Vuole fare l’illustratore, e il grafico, Tristano, ma pensa di andare all’estero. Al Ripetta, fulcro dello studio della storia dell’arte nella Capitale, i tagli hanno cancellato i laboratori: «Se non mi preparo bene oggi – si chiede – poi chi mi prende al lavoro?». Pensa di andare all’estero anche Dalila, 18 anni del liceo scientifico Pasteur. La sorella maggiore studia veterinaria a Pisa. «Le università  stanno peggio dei licei – racconta – qualche volta facciamo lezione con le candele perché manca la luce. In Italia non c’è futuro, sempre più raccomandazioni e la meritocrazia sta sparendo». Considerato l’ingombro della parola, chiediamo a Dalila cosa intende: «Dare valore a chi si impegna nonostante le difficoltà  economiche in cui vive – risponde – Dobbiamo essere uniti con i docenti e il personale, altrimenti nessuno ci regalerà  nulla in questo paese». Al Pasteur saranno 90 i docenti a scioperare mercoledì. Sintomo di una mobilitazione inedita.

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