Lo sciopero dei 15enni
ROMA. Un movimento lo vedi dall’entusiasmo. Dalle finestre che si aprono quando sfila il corteo, c’è chi riprende puntando gli occhi liquidi nello schermo dell’Ipad, mentre un signore con le stampelle e una pipa pericolosamente si sporge da una balaustra e lancia le mani avanti, in un abbraccio colossale. Sono centinaia gli studenti dei Castelli che lo accolgono con un boato: «Scendi giù, manifesta pure tu!» ritma Maya al megafono. Ha 16 anni, indossa un chiodo attillato, le doctor Martens basse, i capelli rasati a zero a destra e lunghissimi a sinistra. Veste di nero rigoroso, come non vedevamo da anni. L’entusiasmo è un affetto collettivo che ieri è esploso, potente, lungo il percorso tra piazza dell’Esquilino e il ministero dell’Istruzione a Trastevere dove hanno manifestato 50 mila studenti medi, insegnanti e docenti precari, genitori e nonni. Lo riconosci dalla corsa dietro gli striscioni delle quindici scuole occupate a Roma (sette solo a Ostia, altre lo saranno nelle prossime ore); dal numero di documenti o mozioni – un centinaio – firmate dai docenti che protestano contro l’aumento dell’orario lavorativo a 24 ore e hanno sospeso i viaggi d’istruzione, limitandosi alla «didattica essenziale». L’entusiasmo è questo desiderio di tornare a bloccare strade sempre nuove: a Nord la Trionfale, a Sud la Tiburtina a Cinecittà , a Est la Togliatti. Le scuole sanno di potere prendere il controllo della città . Ognuna ha il proprio spicchio. L’organizzazione ha trovato una piega felice, e le voci si rincorrono. I ragazzi si passano i volantini. Si scambiano gli appuntamenti. Mercoledì 14 novembre, giorno dello sciopero europeo, a Roma si incontreranno al mattino, si uniranno ai 4 cortei che si preannunciano foltissimi, e continueranno i blocchi al pomeriggio. La città sarà trasformata in un’enorme spazio liberato per un giorno intero. Sarà uno sciopero metropolitano, o almeno così sembra. Fatto dai quindicenni.
A questa potenza è arrivato, in due mesi, il movimento contro la legge «ex Aprea» che riforma gli organi collegiali, permette l’ingresso nella scuola ai privati e aumenta del potere dei dirigenti scolastici. Ci sono state avvisaglie nei cortei del 5 e 12 ottobre, e da allora c’è un’energia che attraversa le scuole di ogni grado da Bari a Milano. Ieri scorreva, palpabile, tra i cordoni dei giovanissimi del Fermi, della Diaz o del Primo Levi. Entusiasmo, affetto, comunque lo si chiami sarà questo il motore vivo di una giornata con decine di cortei in tutto il paese. La sua forza è data anche dalla mobilitazione permanente delle Rsu. Eugenio Ghignoni, segretario generale Flc Roma centro, vive la nuova onda in maniera appassionata. E ripensa alla mobilitazione del 2008 contro la Riforma Gelmini: «Allora erano le scuole primarie e le famiglie, insieme ai precari, a muoversi. Poi vennero gli studenti universitari – racconta – Oggi c’è una saldatura più netta con gli studenti medi e il movimenti dei precari provocata dall’imposizione della legge Aprea e dal dimensionamento scolastico che accorpa le elementari e medie creando poli con oltre mille studenti». È un altro degli effetti dei tagli che hanno eroso 1500 posti di lavoro tra il personale amministrativo e i dirigenti, sprofondando nel caos decine di istituti. I docenti precari «uniti contro i tagli», i primi a muoversi a fine agosto contro il concorso «truffa» di Profumo ieri erano in testa al corteo. Hanno dedicato idealmente la manifestazione a Carmine, l’insegnante precario che si è tolto la vita a Palermo nei giorni scorsi. Questi trentenni, determinati e disperati, hanno avuto l’intuizione di un movimento che oggi è diventato generale nella scuola, caricandosi sulle spalle l’esangue opposizione italiana contro le politiche dell’austerità . La scuola guarda lontano, a Bruxelles e a Berlino, e sa che le loro decisioni influiranno sulla vita delle persone.
Mercoledì sarà un giorno duro e festoso per Tristano, 17 anni, studente del liceo artistico in via di Ripetta: «Il futuro che ci preparano mi fa rabbia – afferma – quando avremo finito di studiare resteremo precari. I miei genitori dipingono entrambi, e come noi vivono molti che non hanno un contratto e non possono affittarsi una casa. Ci chiedono la busta paga, ma noi non ce l’abbiamo». Vuole fare l’illustratore, e il grafico, Tristano, ma pensa di andare all’estero. Al Ripetta, fulcro dello studio della storia dell’arte nella Capitale, i tagli hanno cancellato i laboratori: «Se non mi preparo bene oggi – si chiede – poi chi mi prende al lavoro?». Pensa di andare all’estero anche Dalila, 18 anni del liceo scientifico Pasteur. La sorella maggiore studia veterinaria a Pisa. «Le università stanno peggio dei licei – racconta – qualche volta facciamo lezione con le candele perché manca la luce. In Italia non c’è futuro, sempre più raccomandazioni e la meritocrazia sta sparendo». Considerato l’ingombro della parola, chiediamo a Dalila cosa intende: «Dare valore a chi si impegna nonostante le difficoltà economiche in cui vive – risponde – Dobbiamo essere uniti con i docenti e il personale, altrimenti nessuno ci regalerà nulla in questo paese». Al Pasteur saranno 90 i docenti a scioperare mercoledì. Sintomo di una mobilitazione inedita.
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