«La Cina risparmia troppo, crescita con più consumi»

by Sergio Segio | 21 Novembre 2012 11:14

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Solo pochi anni fa, una conversazione così sarebbe stata forse impensabile. Invece il giro di tavola di ieri all’incontro della Fondazione Italia Cina, aperto dal suo presidente Cesare Romiti e animato dagli interventi di Fabrizio Saccomanni e Ignazio Visco, direttore generale e governatore di Bankitalia, si è concentrato a lungo sui limiti del modello di crescita del gigante asiatico. Il suo ruolo come investitore e mercato di sbocco per l’Italia e per l’Europa resta di primo piano. Ma sullo sfondo di un rallentamento che, spiega l’economista Li Yuefen, la Cina ormai persegue deliberatamente.

La recente frenata del tasso di crescita della Repubblica popolare è di natura ciclica o strutturale?
«È di entrambi i tipi — risponde la cinese Li Yuefen, alto funzionario della Conferenza Onu sul commercio e lo sviluppo —. In parte è un rallentamento ciclico, che risente del calo della domanda globale e della crisi in Europa. Ma in parte è strutturale, perché il governo di Pechino cerca di ridurre certi investimenti in eccesso. È una frenata strutturale che sta facendo bene alla Cina».
Visto dall’Europa, oggi, capire come possa giovare un tasso di crescita un po’ peggiore è dura…
«Era dagli anni 80 che la Cina si basava solo sugli investimenti e le esportazioni e in passato era facile. Non c’era la concorrenza dei Paesi a basso reddito dell’Africa o dell’Asia del Sud Est e la domanda globale cresceva sempre. Ma adesso è necessario un riequilibrio a favore dei consumi, anche perché la forza lavoro in Cina, nella media, sta già  iniziando a invecchiare».
Il governo di Pechino dice sempre che vanno accresciuti i consumi interni, che però sono scesi in rapporto al Pil. Perché?
«Le dimensioni dell’economia si sono moltiplicate talmente tante volte che i consumi non hanno tenuto il passo in proporzione, anche salendo moltissimo. I cinesi hanno continuato a risparmiare molto per potersi pagare la pensione da vecchi, o la scuola dei figli e la sanità ».
I depositi nelle banche pubbliche in Cina rendono meno del carovita. C’è chi dice che lo Stato così finanzia i grandi investimenti espropriando i risparmiatori. Concorda?
«In una certa misura è vero. Le banche sono molto liquide e i loro margini di profitto alti. È un modello che per molti anni ha beneficiato tutto il Paese grazie agli investimenti in infrastrutture, che il libero mercato non avrebbe assicurato».
Ora sarà  difficile voltare pagina?
«Il governo ha già  lanciato esperimenti pilota di credito a condizioni determinate liberamente dal mercato. E prima di decidere altre riforme a favore dei consumatori e delle piccole imprese, ha avviato consultazioni con tutti: banche pubbliche, grandi imprese statali, ma anche altri gruppi più piccoli e meno influenti».
Federico Fubini

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