Liste pulite, Monti punta al decreto via i condannati a più di due anni

by Sergio Segio | 9 Novembre 2012 8:40

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ROMA — Un decreto per garantire subito le “liste pulite” sin dalle prossime elezioni di fine gennaio in Lazio, Lombardia e Molise. Per ribadire che una condanna a due anni per mafia, terrorismo, corruzione chiude la porta delle istituzioni e altrettanto fa una per reati fino a quattro anni, anche di natura finanziaria. È questa l’ultima mossa che il governo Monti sta soppesando per superare i tempi lunghi del decreto legislativo “figlio” della legge anti-corruzione che Napolitano ha firmato giovedì e che uscirà  martedì prossimo sulla Gazzetta Ufficiale.
I 15 giorni obbligatori di vacatio legis obbligherebbero il governo ad aspettare con il rischio di non coprire le prossime regionali. Ma l’intenzione è di lanciare un immediato segnale col decreto. Non sarebbe la prima volta che una misura d’urgenza anticipa una questione già  contenuta in una legge approvata e le ragioni di necessità  e urgenza sono evidenti per l’avvicinarsi del prossimo voto che per di più arriva sull’onda di gravi scandali e dovrebbe essere garantito dalla presenza di nomi compromessi.
È questa la novità  più succosa del vertice tra i ministri Cancellieri, Patroni Griffi, Severino — Interno, Funzione pubblica, Giustizia — che s’è svolto ieri al Viminale per definire il testo del decreto. Sul quale Cancellieri rinnova la promessa formale: «Sarà  pronto in tempo utile perché sia efficace in vista delle prossime elezioni». Tre le scelte, tutte determinanti: lista dei reati, durata del cartellino rosso, retroattività . Alle spalle c’è la delega che esclude dal voto chi ha subito condanne definitive a partire da
due anni per reati gravissimi come mafia e terrorismo e per quelli dei colletti bianchi. Riguarda tutte le possibili candidature, dal Parlamento Ue a quello italiano, passando per Regioni e Comuni e finendo all’ultimo consorzio.
Il governo sa di avere “gli occhi addosso” di chi è pronto a cogliere favoritismi su esclusioni o inclusioni. Per questo, nella riunione il leitmotiv è stato quello dei «criteri oggettivi» e costituzionalmente indiscutibili. Nonostante il Viminale avesse già  pronta una bozza, è prevalsa la necessità  di evitare un elenco dei reati, una lista ingestibile che finirebbe per spaccare le Camere. Già  nei codici penale e di procedura esistono i parametri. La scelta dipende dal livello di severità  voluto. L’articolo più duro, e sul quale quasi al 99% cadrà  la scelta dei tre ministri, è il 280 del codice di procedura penale, che ammette la custodia cautelare per i reati puniti da quattro anni in su. E quindi tutti quelli che vengono condannati per un reato con quella pena non sono candidabili. Il limite salirebbe a 5 se si prendesse come parametro l’articolo 29 del codice penale che fissa i paletti per le interdizioni dai pubblici uffici. Aumenterebbe ancora con il 407 del codice di procedura che stabilisce i tempi delle indagini preliminari. I tre ministri viaggiano verso la soluzione più rigida, che è la prima. I reati fiscali di cui tanto si discute sarebbero compresi. La frode e le forme più gravi di falso in bilancio. La legge coprirebbe pure le vecchie condanne. L’esclusione dall’agone politico durerebbe il doppio della pena, con l’obbligo di fermarsi per 5 anni in modo da garantire l’esclusione da due legislature.

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