L’incultura dominante, la legge di stabilità  e la parità  dei saldi

by Sergio Segio | 3 Novembre 2012 8:21

Loading

Infatti l’affermazione, da parte del governo, che il parlamento è libero di modificare il disegno di legge governativo ma che le variazioni di imposte o di spese volute dal parlamento devono compensarsi, sicché la variazione complessiva del saldo tra spese e entrate deve essere nulla, implica che il governo ritiene totalmente irrilevante, quanto agli effetti, la scelta di quali spese o entrate variare. Cosa si fa con le spese, su chi gravano le imposte, non conterebbe. Conterebbero solo i soldi, più esattamente il saldo dei soldi, non cosa si fa con i soldi. Spendere per la salute, ovvero per la scuola, o per la ricerca, o per la messa in sicurezza del suolo, o per il ponte sullo Stretto di Messina, o per tutelare gli esodati, sarebbero tutte spese che lasciano il governo sostanzialmente indifferente. E’ sensato? Quali sono gli obiettivi che si perseguono? E perché al governo, diversamente dal parlamento, non dovrebbe stare a cuore se una legge di stabilità  salva vite umane, ovvero assicura una circolazione più veloce delle merci e delle persone, ovvero genera una maggiore crescita di qui a pochi anni, mentre starebbe a cuore solo il famigerato «saldo»?
Pochi anni dopo la pubblicazione della Teoria Generale di Keynes, uno dei più straordinari economisti del secolo scorso, Abba Ptachya Lerner (…), trasse le conseguenze logiche delle idee di Keynes per quanto riguarda le politiche di bilancio. Queste conseguenze apparivano, a dir poco, scandalose; tali in effetti apparvero allo stesso Keynes, che delle argomentazioni di Lerner arrivò a dire che erano impeccabili, ma «il cielo aiuti chiunque provi a comunicarle all’uomo della strada», almeno allo stadio dell’evoluzione culturale dell’epoca. Quello stadio è purtroppo oggi più radicato che mai. Quelle argomentazioni dicevano che il bilancio pubblico non aveva nessuna ragione razionalmente fondata per essere in pareggio, come un bilancio privato. Il bilancio pubblico avrebbe dovuto essere, secondo Lerner, in avanzo o in disavanzo a seconda degli obbiettivi perseguiti e dello stato del sistema economico. Non si sarebbe dovuto aver riguardo alla «quantità  di soldi» corrispondenti a ciascuna posta di bilancio. I soldi non sono altro che meri «impulsi» immessi nel sistema. Ciò che conta sono gli effetti di tali impulsi; una proposizione importante in quanto ciascuna di tali poste, ciascun impulso, può avere effetti diversi.
All’epoca e nel contesto della teoria keynesiana tali effetti diversi venivano riguardati come i valori di produzione e reddito (e indirettamente di occupazione) attivati da ciascuna spesa o neutralizzati da ciascuna imposta. Nel contesto keynesiano tali variazioni corrispondevano soprattutto a variazioni di quantità  (e quindi di occupazione) e in misura trascurabile a variazioni dei prezzi. Il punto importante per Lerner era che ciascun euro speso o prelevato in poste di bilancio diverse dà  luogo (se non per caso) a variazioni del reddito diverse. In gergo si diceva che i «moltiplicatori» positivi di ciascun tipo di spesa o quelli negativi di ciascun tipo di imposta sono diversi. (…) L’effetto complessivo di variazioni di bilancio, di conseguenza, lungi dal dipendere dal saldo tra variazioni di spesa e di prelievo, dipende dalla struttura delle poste soggette a variazioni; in altri termini un dato saldo potrà  avere effetti diversi a seconda delle variazioni delle poste che lo determinano. (…)
* la versione completa dell’articolo su www.sbilanciamoci.info

Post Views: 173

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/11/lincultura-dominante-la-legge-di-stabilita-e-la-parita-dei-saldi/