L’Imu. Blitz del governo alla Camera imposta più leggera per la Chiesa
IL GOVERNO, costretto ad accelerare il varo del regolamento che imponga anche alla Chiesa e agli enti no profit, laddove producono utili, di pagare nel 2013 l’Imu, tenta un colpo di mano. Far passare una definizione ad hoc di ciò che non è attività commerciale. Che vale per questi enti, ma non per il resto degli italiani. E che li solleverebbe dal versamento dell’imposta sulle porzioni di immobili ad uso “misto” da cui traggono profitti (cliniche, alberghi, ostelli, mense, sedi varie), con una semplice modifica del loro statuto, da apportare in corsa entro dicembre. Un rischio grosso, avverte il Consiglio di Stato, perché l’Europa guarda. E la Commissione di Bruxelles potrebbe multare l’Italia per aiuti di Stato illegali e recuperare tali somme “condonate”, a partire dal 2006. Un danno che può valere fino a 3 miliardi, considerati gli incassi stimati dal governo (300-500 milioni l’anno).
GLI SCONTI
In base alla nuova definizione, ecco gli sconti possibili. Non c’è attività commerciale, dunque non si paga l’Imu, se nello statuto dell’ente no profit si prevede il divieto di distribuire utili o l’obbligo di reinvestirli esclusivamente a fini di solidarietà sociale. O ancora se si inserisce l’obbligo di devolvere il patrimonio, quando l’ente si scioglie, ad altro ente no profit con attività analoga. E ancora, cliniche e ospedali sono fuori dall’Imu se accreditate o convenzionate con Stato ed enti locali, le loro attività assistenziali svolte «in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico», a titolo gratuito o – e qui viene il bello – dietro pagamento di rette «di importo simbolico». Scuole e convitti esentati se l’attività è “paritaria” rispetto a quella statale e non “discrimina” gli alunni. Le strutture ricettive, se la ricettività è «sociale ». E infine, per le attività culturali, ricreative e sportive fa fede ancora il compenso. Se «simbolico », zero Imu. Con tutto ciò che “simbolico” possa voler dire. E il rischio di esentare molto, se non tutto.
LA BOCCIATURA
Il pasticcio parte dalla bocciatura, il 4 ottobre scorso, del regolamento del ministero dell’Economia (arrivato, tra l’altro, in ritardo di tre mesi) da parte del Consiglio di Stato, tenuto a un parere obbligatorio ma non vincolante. Il regolamento doveva spiegare come compilare la dichiarazione (entro dicembre). Una sorta di autocertificazione, che l’ente no profit fa, dei metri quadri dell’immobile di proprietà riservati agli affari. Ma c’era bisogno di un decreto ministeriale per un’operazione tutto sommato semplice? Evidentemente sì, visto che la delega in tal senso al governo viene dal Parlamento. I giudici del Consiglio di Stato, tuttavia, bocciano il regolamento. Proprio perché quella delega è stata travalicata e il governo ha inserito anche gli “sconti”, corpi del tutto estranei che mutano l’ordinamento italiano.
AZIONE LAMPO
Che cosa fa allora il governo per superare le obiezioni del Consiglio di Stato? Prima allarga la delega concessa dal Parlamento. E lo fa con tre righe inserite nel decreto Enti locali (che si occupa di tutt’altro, ovvero di costi della politica), passato alla Camera. Poi tenta il blitz. La tentazione originaria è di pubblicare lo stesso testo con gli sconti – quello “bacchettato” dai giudici amministrativi – in Gazzetta ufficiale.
Poi si ferma. Annulla la pubblicazione e spedisce, secondo la prassi, il testo per un secondo parere ai giudici, che lo (ri)esaminano giovedì 8 novembre. Le righe che sbloccano l’empasse sono nel decreto Enti locali: il numero 174, all’articolo 9, comma 6. Poche parole che ampliano la delega modificando l’articolo 91 bis, della legge liberalizzazioni di febbraio. Quello che introduceva l’Imu anche per la Chiesa e il no profit (altre religioni, partiti, sindacati, onlus). Così il governo conferma gli “sconti”. Nonostante i moniti del Consiglio di Stato.
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