L’Egitto contro l’attacco
Due fronti hanno attraversato l’Egitto nel venerdì di protesta contro l’attacco israeliano a Gaza. Una marcia è stata organizzata e guidata dai Fratelli musulmani, che hanno chiesto ai loro sostenitori di assembrarsi intorno alle principali moschee del Cairo e Alessandria dopo la preghiera. L’altra manifestazione è invece in corso da giorni in piazza Tahrir ed è motivata dalla dura opposizione dei movimenti salafiti ad un riferimento solo generale alla sharia, la legge islamica, nella nuova Costituzione egiziana. «Con il nostro sangue e le nostre anime, sacrifichiamo tutto per te, o Palestina», è il canto inneggiato dagli uomini della Fratellanza nel percorso dalla moschea di al-Azhar verso piazza Tahrir. Hanno appena ascoltato il primo sermone del predicatore, Youssef Qaradawi, una delle guide spirituali dei Fratelli musulmani, rientrato in Egitto, dopo un esilio durato cinquant’anni e voluto dall’allora presidente, Gamal Abdel Nasser. «La gente di Gaza non merita di essere uccisa, Israele ha mentito per decenni», ha iniziato tra gli applausi lo sheykh, difendendo l’operato del presidente egiziano, Mohammed Morsy. Alla marcia hanno preso parte anche il leader della Fratellanza, Mohammed el-Beltagy, e il predicatore salafita, Safawat Hegazy. Negli slogan degli attivisti è echeggiata la richiesta di congelare le relazioni diplomatiche con Israele e in favore delle manifestazioni in Siria.
Le proteste hanno raggiunto piazza Tahrir nel primo pomeriggio. Gli islamisti moderati si sono uniti così agli attivisti salafiti. Migliaia di salafiti si sono raccolti anche intorno alla moschea Sheykh Ibrahim di Alessandria per protestare contro l’attacco israeliano a Gaza. Tenevano tra le braccia le immagini dei giovani palestinesi uccisi negli attacchi dei giorni scorsi. «Gaza non muore mai», «Il musulmano che si disinteressa ai problemi di un altro musulmano non è uno di noi»: si leggeva su alcuni degli striscioni tenuti in alto dalla folla.
Dal canto suo, Mohammed Morsy, ha disposto l’invio immediato a Gaza della delegazione guidata dal primo ministro, Hesham Kandil, e la riapertura del valico di Rafah attraverso il quale molti feriti dell’ospedale al Shifa vengono condotti in Egitto. Mentre Abul Fotuh, leader islamista fuoriuscito dalla Fratellanza, ha guidato una delegazione di medici per curare i feriti palestinesi nella Striscia di Gaza. «Il prezzo sarà caro se l’aggressione continua», ha detto Morsy, all’uscita della preghiera del venerdì, alle porte della moschea Fatma Al-Sharbatly, nella città satellite del Cairo, Tagammu al-Qamis. «L’Egitto e gli arabi non sono più quelli di prima. Diciamo a Israele che deve affrontare la responsabilità dei suoi atti», ha aggiunto Morsy. Il presidente è apparso quanto mai incisivo, definendo gli attacchi a Gaza «un’eclatante aggressione contro l’umanità ». «Non siamo dei predicatori di guerra, al contrario facciamo appello a una pace vera e non a una pace unilaterale», ha tuonato. Il leader islamista ha aggiunto che l’Egitto «è in grado di estirpare le radici dell’ostilità , così come ha estirpato le radici dell’oppressione», nell’acclamazione della folla. Durante il discorso, i fedeli cantavano: «L’esercito di Mohammed tornerà », in riferimento a canti di battaglia storici intonati negli scontri tra musulmani ed ebrei in Arabia Saudita.
Ma lo sforzo diplomatico promosso dagli islamisti nella Striscia di Gaza è senza precedenti. Dopo Kandil anche il ministro degli esteri tunisino, Rafiq Abdessalem, farà visita a Gaza oggi. Alla delegazione prenderanno parte anche esponenti della presidenza della Repubblica, come annunciato dal presidente tunisino, Moncef Marzouki. Il centro di Tunisi, ieri, è stato invaso dalle proteste. Il partito islamista moderato al governo, Ennahda, ha chiamato ad una manifestazione a sostegno dei palestinesi. Già giovedì le forze dell’ordine avevano represso una manifestazione promossa da esponenti salafiti. Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza anche a Tehran per protestare contro quelli che hanno definito «crimini sionisti a Gaza». «Morte a Israele» e «morte all’America»: sono alcuni degli slogan intonati dai manifestanti. Proteste simili si sono svolte anche in altre città iraniane
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