La Pietà cambia casa dal Castello Sforzesco Ospitata a San Vittore
MILANO — Spostarla, valorizzarla, farne lo spunto per una riflessione sul tema della sofferenza, darle una nuova casa — al Castello Sforzesco — e una sede temporanea, nel carcere di San Vittore, «luogo di dolore». La Pietà Rondanini, opera estrema e incompiuta di Michelangelo, si prepara al trasloco. E dopo anni di discussioni e polemiche, Milano fa mea culpa: «Ospitiamo una delle opere più straordinarie di Michelangelo eppure non le abbiamo dato il giusto valore per troppo tempo». Ora si cambia rotta.
I finanziamenti ci sono (circa 6 milioni sui 26 stanziati dalla Fondazione Cariplo), la volontà politica pure (ieri in giunta sono stati approvati gli interventi). E allora si parte, con una regia e tre progetti. Il primo: ridare la giusta collocazione alla Pietà , «per decenni dimenticata dal mondo della cultura tanto che — come spiega in una lettera l’assessore alla Cultura Stefano Boeri — fu acquistata per 135 milioni di lire nel 1952 dal Comune di Milano grazie a una raccolta popolare di fondi lanciata dal sindaco Ferrari». L’allestimento fu affidato agli architetti BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) che nel 1954 sistemarono la statua dietro a una parete di pietra serena nella sala degli Scarlioni al Castello. Proprio come oggi. Visitatori in un anno: 350 mila. Troppo pochi per un capolavoro di questa portata. Boeri aggiunge: «Non possiamo permetterci di lasciare la Pietà dietro a un’elegante quinta». Tra l’altro off limits ai disabili.
Ecco allora l’idea. Spostare l’opera di Michelangelo (cui l’artista lavorò fino alla morte, nel 1564) nell’«Ospedale spagnolo», oltre 600 metri quadri dentro le mura occidentali del Castello. Cotto e volte. Intatte e coeve alla Pietà . Tutto intorno, la biglietteria, stanze didattiche, il bookshop (ci sarà anche un documentario sull’opera). Un museo nel museo «dove la Pietà potrà sprigionare la sua potenza». E a norma. Soddisfatto Franco Bomprezzi, portavoce della Lehda, la lega per i diritti dei disabili: «Grande vittoria, nata anche da una nostra segnalazione».
Ma torniamo alla seconda tappa: dare più peso ai protagonisti del Castello. Michelangelo, Leonardo da Vinci, Bramantino, Bambaia. «Serve una lettura più chiara di queste figure», aggiunge Boeri. E che fare della sala degli Scarlioni? E della quinta dei BBPR? «Ne stiamo ragionando. Dove adesso c’è la Pietà potrebbero essere collocate le sculture del Bambaia, cui sarà dedicata una mostra curata dallo storico dell’arte Giovanni Agosti, che mi ha accompagnato in tutto il progetto».
I tempi: poco più di un anno, «si parte subito», all’Ospedale spagnolo il cantiere è già aperto. Entro l’estate del 2014 (e quindi entro Expo) la Pietà sarà nella nuova sede. E nel frattempo? Ecco l’ultima fase, fortemente voluta da Boeri: spostare temporaneamente le Pietà a San Vittore. Forse già in primavera. Visite autorizzate, i contatti sono partiti. «Ci stiamo anche chiedendo — puntualizza Boeri — come avviare un percorso di reinterpretazione dell’opera». Che passi attraverso la riproposizione della pietà come grande tema umano «per riflettere sullo spazio vuoto lasciato nelle tecniche autoreferenziali della politica, nei meccanismi implacabili della finanza, nelle logiche muscolari delle diplomazie internazionali e perfino nei conflitti di religione. Capire cosa possa essere la pietà oggi ci può aiutare a capire dove collocare temporaneamente la Pietà di Michelangelo in attesa della definitiva ubicazione». Da questo contesto nasce l’idea della sistemazione a San Vittore (nella cappella del Panottico, al centro dei sei raggi). Il carcere come «crocevia di percorsi di cura, attenzione, generosità e sofferenza».
Sistemazione a termine, poi la Pietà potrebbe eseguire un secondo «passaggio» a Palazzo di Giustizia, come dice il sindaco Giuliano Pisapia: «La Pietà Rondanini avrà un luogo dedicato che permetterà a tutti di ammirare questa scultura per troppo tempo in ombra. Anche nelle sue collocazioni temporanee, San Vittore e Tribunale, l’opera sarà esaltata nel suo valore simbolico». Aggiunge Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo: «Il Castello è uno dei simboli di Milano, per questo sosteniamo il suo rilancio; il Comune ha proposto una rimodulazione del progetto iniziale per valorizzare la Pietà Rondanini, abbiamo aderito con favore». I beni storico-artistici come «volano per l’economia milanese e italiana». Guzzetti conclude: «Credo che oggi la città chieda di non fermare il sostegno alla cultura, ma di spendere bene le risorse a disposizione. Questo stile, ne sono certo, sarà apprezzato anche dai turisti. Italiani e stranieri».
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