by Sergio Segio | 10 Novembre 2012 8:51
MADRID. L’ultima offerta della proprietà per negoziare le condizioni della «ristrutturazione» dell’organico del Paàs è stata rifiutata ieri sera al termine di una lunga riunione tra i dirigenti della società e il comitato di lavoratori del giornale. 149 dipendenti della storica testata spagnola «sono ora in balia delle decisioni della società e già da lunedì potrebbero essere licenziati», come spiega una fonte del comitato dei dipendenti che chiede di restare anonima.
«Non sappiamo quando saranno attuati i licenziamenti né chi sarà licenziato – spiega il giornalista. Ora tutto è nelle mani dell’azienda, che può mandarci a casa applicando le condizioni minime». Ovvero il 55% dello stipendio nel caso dei prepensionamenti (a partire dai 58 anni) o 30 giorni di salario per ogni anno lavorato fino ad un massimo di 12 mensilità nel caso di licenziamenti volontari.
Ben lontani dalla proposta messa sul tavolo dai dipendenti, che chiedevano il prepensionamento a partire dai 55 anni d’età con l’85% dello stipendio e il licenziamento volontario con un indennizzo di 39 giorni di salario per anno lavorato fino ad un massimo di 43 mensilità .
Non ha avuto dunque l’esito sperato lo sciopero di tre giorni che ha raggiunto il 79% di adesioni e che ha fatto uscire in edicola un Paàs in versione mutilata: 48 pagine mercoledì e 58 giovedì, con molti articoli senza firma. Nelle redazioni spagnole 366 dipendenti (su 466 in totale) hanno disertato il giornale, che il 6, 7 e 8 (i giorni dello sciopero) è stato pubblicato senza inserti e senza l’informazione locale; una delle più colpita dai tagli dato che i licenziamenti decimeranno le redazioni di Barcellona, Bilbao, Santiago, Siviglia e Valencia. Inoltre -incredibilmente- pochissimo spazio è stato concesso alla protesta, relegata in poche righe nella sezione «società ». «Una precisa scelta dell’azienda», specifica il comitato di redazione.
Uno strano Paàs, dunque: forse, un’anticipazione di come diventerà il primo giornale spagnolo dopo la riduzione di un terzo dell’organico, resa possibile dalla riforma del lavoro del Partido popular. Il drastico epilogo arriva al termine di un braccio di ferro con la proprietà , cominciato lo scorso 5 ottobre, subito dopo l’annuncio dell’Ere (Expediente de regulacià³n de empleo) da parte Juan Luis Cebrià n, il presidente di Prisa, il gruppo editoriale che controlla El Paàs.
Da allora i vari tentativi di avvicinamento tra dipendenti e azienda non hanno prodotto risultati, fino alla totale rottura di ieri sera che si ripercuoterà su una delle poche attività in guadagno del colosso editoriale Prisa. Il Paàs, infatti, ha generato nel primo semestre del 2012 un attivo di 1,8 milioni mentre il gruppo che lo controlla è complessivamente in perdita per 3 miliardi e mezzo di euro; in parte – secondo il comitato dei lavoratori – per responsabilità ascrivibili proprio alla gestione di Cebrià¡n, che, nonostante ciò, riceve un compenso pari a 13,6 milioni di euro all’anno. La scelta dei licenziamenti è stata giustificata dalla proprietà con la necessità di svecchiare l’organico e adeguarlo al digitale. Ma – secondo la spiegazione di Cebrià¡n – ha pesato anche una strategia di contenimento dei costi che motiverebbe anche la riduzione dello stipendio dall’8 al 15% che attende al varco i dipendenti che resteranno in forza al giornale. «Non possiamo continuare a vivere così bene», si è giustificato il direttore di Prisa, il quale però resta esente dal ritocco in busta paga.
Oltre a disertare le redazioni, i dipendenti del giornale hanno organizzato, nei giorni scorsi, vari presidi risultati alla fine vani. Lo scorso mercoledì, dipendenti della testata e numerosi sostenitori si sono riuniti nella centralissima Puerta del Sol, dove, dopo aver osservato un minuto di silenzio hanno contato fino a 149 (il numero dei giornalisti che probabilmente saranno licenziati). Durante il presidio sono state chieste anche le dimissioni del direttore Javier Moreno e del presidente del gruppo editoriale Cebrià¡n, colpevole, come scritto in una dei cartelli retti dai manifestanti, di licenziare i dipendenti per compiacere le volontà degli investitori. Non si sa, però, chi potrà compiacere da ora in poi le aspettative dei lettori. Scrive così un’abbonata che ha letto il giornale dimezzato di mercoledì: «Oggi ho ricevuto un Paàs, no El Paàs. E non sapeva di niente . (…) Non mi serve un giornale che esce solo per uscire. Io ho bisogno di El Paàs». E in questa Spagna, non è certo l’unica
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