La moglie, l’amante e Jill: la «terza donna»

by Sergio Segio | 12 Novembre 2012 8:01

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WASHINGTON — Chiusi nelle rispettive case, David Petraeus e Paula Broadwell, hanno affidato la loro reazione agli amici. «Prova rimorso — precisa un ex portavoce — Ha ammesso di aver rovinato tutto». L’amante risponde: «La famiglia è unita, supereremo questo momento». Un’espiazione che passa per prove sicuramente difficili con continui colpi di scena.
L’ultima a entrare nella storiaccia è la «seconda dama», minacciata via email da Paula, pazza di gelosia. Si chiama Jill Kelley, 37 anni, vive a Tampa (Florida), mamma di tre bambini e sposata con Scott, un cardiologo. Prima combinazione: anche il marito di Paula è medico. Secondo combinazione: Jill ha una sorella gemella, Natalie, un avvocatessa che assiste chi denuncia frodi o illegalità  all’interno della Stato o in un’azienda. C’è di più. Petraeus e consorte frequentavano Jill e il marito in incontri mondani. Party, ricevimenti per Natale, con foto che li ritraggono insieme. Nulla di strano visto che Jill è una cittadina benestante che fa da collegamento per eventi tra gli ufficiali della base che ospita il Comando Operazioni speciali di Tampa e la città . Sono stati gli stessi Kelly a confermare i rapporti stretti: «Siamo amici da 5 anni con il generale, rispettiamo la sua privacy e la chiediamo per noi. Lo abbiamo sempre considerato come un nonno». Parole che non li metterà  al riparo dalle voci. A cominciare dall’interrogativo se Jill ha avuto un legame sentimentale con l’alto ufficiale? Paula, se l’ha minacciata, sospettava qualcosa. Un presunto triangolo con la figura dell’ex capo Cia sempre più compromessa.
Ora gli uomini dello staff all’epoca dell’Afghanistan ammettono la sorpresa per come Petraeus avesse fatto cadere con Paula ogni precauzione. «Non c’erano filtri per lei» dicono. «Non sembrava una scrittrice impegnata a raccogliere informazioni — aggiungono — ma piuttosto una seguace». E ne avevano una pessima considerazione: «Porca miseria, almeno scegli qualcuno che abbia esperienza. Strano che il generale le concedesse tutta quella confidenza». Paula, a volte, era sopra le righe. Indossava magliette troppo attillate, senza tener conto delle sensibilità  locali. Al punto che Petraeus l’aveva richiamata all’ordine. Leggerezze anche nel postare su Facebook foto di visite negli avamposti o del generale, compresa una con Angelina Jolie al settimo piano, che ospita uffici off-limits nella sede di Langley.
Racconti che non fanno altro che confermare come il link tra i due fosse ben noto. Di sicuro ne era al corrente il capo della maggioranza alla Camera, Eric Cantor, imbeccato a ottobre da una buona fonte. I sui colleghi al Congresso martellano: Quando i federali hanno iniziato a «lavorare« sullo scandalo? E quando la Casa Bianca ha saputo? La Commissione intelligence è infuriata, afferma di essere stata tenuta all’oscuro. Una polemica che spinge repubblicani e democratici a voler indagare anche sull’Fbi.
A Washington c’è chi insiste sul complotto. In questo scenario hanno lasciato che Petraeus andasse avanti con i suoi affari personali e si sono tenuti la «carta» per il futuro. Teorie cospirative e dubbi legittimi. Lascia perplessi la velocità  con la quale si è cercato di separare la vicenda dal caso Bengasi. Quello che è accaduto in Libia è destinato a riemergere con le audizioni al Congresso. Ora i senatori ritengono che anche Petraeus, pur dimissionario, debba testimoniare.

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