La città  della spazzatura

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Non che sia la più sporca – nella classifica che può fare un visitatore esterno il primato della spazzatura per strada resta altrove (e, ammettiamolo, certe strade dei quartieri storici di Napoli sono ben più sporche di Bangalore). Ma insomma, i mucchi di spazzatura per strada sono comparsi anche nelle belle strade larghe della città -giardino: cumuli di spazzatura ammonticchiata in ogni spiazzo in abbandono, o slargo tra le case, magari colonizzati da cani randagi e da corvi. La raccolta è ormai discontinua, le zone di mercato sono le più in crisi – anche perché generano più rifiuti. Insomma: Bangalore è in piena crisi dei rifiuti. Ed è un tipo di problema che la città  indiana condivide con molte città  al mondo – comprese Napoli, presto forse anche Roma…
La crisi qui è scoppiata nel luglio scorso quando la maggiore discarica di cui la città  si serviva è stata chiusa. Gestita da un’impresa privata, la discarica è stata chiusa d’autorità  perché i rifiuti non venivano trattati nel modo necessario e inquinavano in vario modo i paesetti vicini, l’aria che respirano, le falde idriche, senza contare la puzza. Dopo varie proteste, sopralluoghi e controlli, il capo del Pollution Control Board (l’ente statale per il controllo dell’inquinamento) dello stato del Karnataka (di cui Bangalore è la capitale) ha invocato i poteri che gli sono conferisce la legge sulla protezione ambientale e ha ordinato la chiusura dell’impianto. Per gli abitanti della zona è stata una piccola vittoria. I loro terreni hanno ripreso un po’ del calore che era crollato. Sulla stampa locale sono uscite diverse inchieste su come la politica municipale riguardo allo smaltimento dei rifiuti sia sotto l’influenza di due distinte lobby: quella delle imprese (private) che gestiscono raccolta e discarica e quella degli immobiliaristi, interessati a manovrare sul valore dei terreni – ed è una lobby influente, in una città  in espansione, a cui continuano ad aggiungersi nuovi suburbi residenziali più o meno chic. Bangalore oggi produce in media 5.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani al giorno, che vanno a finire in quattro discariche, tutte di proprietà  privata. Ma anche gli abitanti vicini alle altre discariche hanno cominciato a lamentarsi, e la tensione è salita al punto che tra settembre e ottobre la polizia ha scortato i camion che andavano a scaricare i rifiuti in una di queste. La tensione sale, e anche le polemiche. L’azienda municipale per la nettezza urbana ha deciso di introdurre la separazione obbligatoria dei rifiuti per avviare programmi di riciclaggio: ma i cumuli ai bordi delle strade non sono scomparsi, e non sembra che i cittadini si siano precipitati a separare più di quanto non avvenga già , in via del tutto artigianale. Così qualche giorno fa l’Alta corta dello stato del Karnataka ha dato un ultimatum al governo locale: entro due settimane presentare un rapporto sulla situazione e sui passi che intende compiere per sventare il pericolo che Bangalore sia sommersa dai rifiuti, identificare sette nuovi possibili siti di discarica, organizzare entro due mesi la separazione dei rifiuti secchi da quelli umidi. Ha rimbrottato il governo perché dei siti indicati uno è troppo vicino a zone abitate dagli umani, l’altro è lungo un «corridoio di elefanti». Viene da fare il paragone con la gestione delle crisi dei rifiuti nostrane. Bangalore per il momento vince.


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