by Sergio Segio | 25 Novembre 2012 8:01
Alla fine il regolamento del governo sull’Imu per la Chiesa e gli altri enti no profit arriva in Gazzetta ufficiale. Esattamente dieci giorni dopo la seconda e netta bocciatura del Consiglio di Stato del 13 novembre. E con una stesura praticamente identica.
Come se i rilievi dei giudici amministrativi non ci fossero mai stati. Ma nella convinzione però di averli assolti. Il testo del decreto dell’Economia, a firma del ministro Grilli, di fatto ricalca quello respinto. E rischia di gettare nel caos chi dovrebbe pagare l’imposta nel 2013 e forse continuerà a non farlo, chi la paga e non capisce il motivo degli sconti per gli altri, i Comuni bisognosi di chiarezza sui gettiti. Con l’eventualità concreta di ricorsi a non finire. La scelta di campo del governo è dunque chiara. E ruota attorno alla definizione di “non commerciale” e quindi di presenza o meno di profitto. Se l’ente non fa utili, o non li distribuisce o li destina alla solidarietà o anche li reinveste nelle sue attività educative, sanitarie, alberghiere, culturali, sportive, non pagherà l’Imu. A patto, dice il governo, che i servizi siano erogati gratis o con un prezzo “simbolico” e in ogni caso “non superiore alla metà della media” di mercato. Oppure tali da coprire “solamente una frazione del costo effettivo del servizio”. Criteri giudicati dal Consiglio di Stato, in entrambi i pareri negativi, “eterogenei” e con “profili di criticità ”. Ma soprattutto non attinenti alla nozione di impresa come “entità che esercita un’attività economica” (non “commerciale”) adottata da tempo dall’Unione europea. Attività che consiste “nell’offrire beni e servizi in un mercato”. A prescindere se faccia o meno utili. Anche perché se il bilancio d’impresa fosse in rosso, non per questo quell’impresa sarebbe esentata dall’imposta. Grazie al regolamento confezionato dal governo, al contrario, alla fine anche attività che hanno costi e ricavi, dunque che stanno con evidenza sul mercato, potranno non versare l’Imu. Uno sconto a cui l’Europa guarda con attenzione, visto che sull’Italia pende l’infrazione per aiuti di Stato illegittimi (al Vaticano). E che potrebbe costare caro al nostro Paese, anche fino a 3,5 miliardi, se consideriamo (come stima il ministero dell’Economia) mancate entrate per 300-500 milioni all’anno, da restituire a partire dal 2006 (anno della prima legge in materia di Imu al no profit). A difendere le posizioni della Chiesa, padre Ciccimarra, presidente Agidae (gestori degli istituti cattolici): «Tutte le scuole sono già in fallimento, così le chiuderemo in un anno, licenzieremo 200 mila persone». Mentre il Pd, con la responsabile del welfare Cecilia Carmassi, ricorda la necessità di «salvaguardare il patrimonio sociale».
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