Kermesse dei moderati per l’operazione centro

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ROMA — Gli Studi De Paolis, sulla via Tiburtina a Roma, uno dei luoghi-culto del cinema italiano, scelto perché è «un’area di lavoro e di cultura» dicono gli organizzatori, «forse non basteranno: hanno confermato la loro presenza oltre 5 mila persone, ma non sappiamo nemmeno noi quanti saranno perché per lo più si tratta di gruppi autorganizzati che prendono dei pullman e vengono». Domani 17 novembre, alle 15, in questa location singolare, si svolgerà  la convention del movimento «Verso la Terza Repubblica», partito dal Manifesto dei Cento (laici, cattolici di Todi 2 e società  civile).
«Ho deciso di dare un contributo a questo difficile e ambizioso processo senza chiedere in cambio posizioni o rivendicare ruoli», così Luca Cordero di Montezemolo nella lettera-invito alla manifestazione. «Si chiamano a raccolta le migliori energie del Paese in un progetto di ricostruzione civile, economica e morale» convinti che le prossime elezioni avranno «un valore storico». «Come me, molti altri italiani condividono questa visione e questa responsabilità ». E di Montezemolo sarà  il primo discorso dell’incontro, dopo che l’appuntamento romano sarà  aperto da un racconto dello scrittore Edoardo Nesi (Premio Strega l’anno scorso) la cui narrativa si concentra sui temi del mondo del lavoro. Toccherà  poi ad Andrea Olivero leader delle Acli, a Stefania Giannini, rettore dell’Università  di Perugia, Lorenzo Dellai, Irene Tinagli, e a un esponente dell’associazione, molto ramificata in Veneto, Verso Nord. Non prenderà  invece la parola Raffaele Bonanni, leader della Cisl e uno dei principali promotori del Manifesto. Chiuderà  la kermesse l’intervento del ministro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità  di Sant’Egidio, che fornirà  il suo contributo culturale. Alla convention, invece, non ci sarà  Corrado Passera, responsabile dello Sviluppo, anche se l’iniziativa ha suscitato interesse nel ministro-manager. Il quale, assicurano i suoi, apprezza la filosofia e i contenuti dell’appello, visto che dell’Agenda Monti, punto di partenza dell’aggregazione, è uno dei principali protagonisti. Non ci saranno, inoltre, politici in senso stretto. Né Casini né Fini, nonostante il lavoro avviato dai centristi per la costituzione di quella Lista per l’Italia che tanti punti di convergenza ha con l’iniziativa del Manifesto. «Sarò a Milano a un’assemblea delle donne dell’Udc, ma seguirò attentamente i loro lavori», ha dichiarato Casini. Né ci sarà  l’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Resta aperto il «nodo» di Fermare il Declino, cioè la disparità  di visione che ha allontanato Oscar Giannino, uno degli iniziali ideatori del movimento. Giannino non condivide il Manifesto, giudicato troppo blando su alcuni punti programmatici come le liberalizzazioni o il ruolo che dovrebbe spettare alle organizzazioni sindacali. Ma il punto più controverso ruoterebbe attorno alla «retorica sul governo dei tecnici», come ha sostenuto l’economista Luigi Zingales. I promotori di Fermare il Declino sono stati invitati singolarmente e non come associazione, ma quasi certamente nessuno di loro ci sarà , a cominciare da Alessandro De Nicola. La società  demoscopica Swg (per conto dei cristiano sociali) ha interpellato un campione di 800 cattolici maggiorenni rappresentativi dell’universo italiano sul consenso di cui oggi godrebbe la Lista per l’Italia, sia nell’ipotesi di alleanza del nuovo centro con Udc e Fli, sia nell’ipotesi che la compagine corra da sola. Nel primo caso si raggiungerebbe il 9,3% (l’11,5% del totale dei cattolici e il 16,2% dei cattolici praticanti). In questo caso il valore aggiunto della lista sarebbe di +1,7% rispetto alla somma di Udc e Fli. Senza Udc-Fli, l’indicazione di voto consisterebbe nel 5,3% dell’elettorato totale (6,0% del totale dei cattolici e il 9,7% dei cattolici praticanti). In ogni caso il voto cattolico, secondo Swg, andrebbe al 24% al Pd, poi a Grillo (18%) e poi al Pdl con il 17,5.
Il Movimento «Verso la Terza Repubblica» e i cattolici di Todi 2 ieri sono stati attaccati da Rosy Bindi, presidente dell’assemblea nazionale del Partito democratico, che li ha definiti «cavallo di Troia per il Monti bis».
Molto critico anche Natale Forlani, che dopo esserne stato il portavoce per un anno intero, ha lasciato il suo impegno a pochi giorni dal convegno di Todi 2. «Anche io sono montiano — afferma — ma non si può ridurre tutto il problema della presenza dei cattolici nella vita pubblica a una vicenda elettorale». Perché — secondo Forlani — «è questo quello che è successo: il progetto di mettere insieme un contenitore ampio e allargato capace di intervenire a tutto campo si è ridotto a una scelta a favore di Monti. Che devo dire? Tutto questo non mi piace».


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