by Sergio Segio | 12 Novembre 2012 7:56
GERUSALEMME — Per la prima volta dopo quasi quarant’anni le batterie israeliane sulle colline del Golan hanno sparato contro le postazioni siriane, in risposta ai missili vaganti che da giorni arrivano sul lato delle alture nelle mani dell’esercito israeliano. Ieri mattina un colpo di mortaio sparato dal lato siriano aveva colpito — facendo solo danni — un’area sotto il controllo israeliano lungo la linea del “cessate-il-fuoco” che attraversa queste alture dopo la guerra del Kippur nel 1973. Quasi
immediata stavolta la risposta: gli israeliani hanno sparato un colpo solo di avvertimento, un missile anticarro Tamuz di grande precisione, che è andato a cadere a poca distanza dalle posizioni tenute dall’esercito di Damasco. «Li abbiamo appositamente mancati», commentava ieri sera il portavoce dell’Idf, annunciando che Israele risponderà «a ogni altra attività ostile». Della violazione del “cessate-il-fuoco” è stato informato anche il comando Onu dei caschi blu che presidia la regione; nella denuncia Israele avverte che «i colpi che arrivano dalla Siria non saranno tollerati e la risposta sarà dura, questi incidenti rappresentano una pericolosa escalation che potrebbe avere implicazioni importanti per la stabilità della regione». E in mattinata il governo ha affrontato gli sviluppi della crisi siriana. Il premier Benjamin Netanyahu ha fatto sapere che le autorità stanno «monitorando attentamente quanto avviene al nostro confine con la Siria e siamo pronti a qualsiasi dispiegamento».
Da giorni si moltiplicano gli “incidenti” sulle colline del Golan, tre colpi di mortaio — apparentemente sparati durante una battaglia nelle zone vicine alla frontiera fra forze ribelli e esercito regolare — sono già caduti giovedì scorso in un area disabitata, lunedì scorso invece una jeep militare era stata invece centrata da diversi proiettili vaganti, sempre sparati dal lato siriano delle alture. Fra Siria e Israele c’è solo un accordo di “cessate-il-fuoco”, i due Paesi sono ufficialmente ancora in “stato di guerra”. Ma malgrado l’occupazione e l’annessione israeliana di una parte del Golan siriano — ci vivono 80 mila coloni — fra i due eserciti non si sono mai verificati incidenti lungo la linea di demarcazione, larga in media 4 chilometri, che è sorvegliata da un contingente dell’Onu forte di 1200 caschi blu.
Ma l’attenzione del Capo di Stato maggiore Benny Gantz e del ministro della Difesa Ehud Barak è anche concentrata sulla fiammata di guerra che ha investito la Striscia di Gaza nelle ultime 48 ore. Dalle postazioni dei miliziani integralisti sono partiti più di cento missili in 24 ore, in risposta a due attacchi “preventivi” israeliani. Sanguinoso il bilancio, con sei palestinesi uccisi e oltre trenta feriti, mentre sul versante israeliano sono stati feriti quattro militari e 4 civili. Le batterie antimissile Iron Dome hanno intercettato una decina di razzi, quelli diretti contro i centri abitati circostanti la Striscia — Sderot, Ashkelon — i cui abitanti hanno passato l’intera giornata negli “shelters” i rifugi anti-bomba obbligatori in ogni casa israeliana. Pugno fermo del premier Netanyahu anche contro le milizie armate della Striscia che avverte: «Se cercano l’escalation, noi siamo pronti».
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