by Sergio Segio | 3 Novembre 2012 8:45
ROMA — Se dovesse essere vera anche solo la metà delle circostanze che il «corvo» racconta, ciò che attende il Viminale è uno tsunami. Rivelata ieri da “
Repubblica”, la vicenda – conferma solo ora la Procura di Roma – è oggetto ormai da qualche mese di un’indagine del pool di pm competente per i reati della pubblica amministrazione (ora coordinato dal procuratore aggiunto Francesco Caporale). Non fosse altro perché le dieci pagine dattiloscritte che il corvo firma e che, prima dell’estate scorsa vengono recapitate al ministro dell’interno Cancellieri (è lei a incaricare il capo della polizia Manganelli di trasmetterle alla magistratura), squadernano con dovizia di dettagli una storia di macroscopica corruzione. Il lavoro infedele di «una cricca» – si legge nell’anonimo – agli ordini di «un puparo»: l’attuale vicecapo vicario della Polizia Nicola Izzo, «il proprietario di tutti i fondi della Polizia di Stato, sia nazionali, sia provenienti dall’Unione Europea che, spietatamente, controlla tutti gli uffici delegati alla gestione economica e amministrativa dell’Amministrazione».
LA GALLINA DALLE UOVA D’ORO
«Gallina dalle uova d’oro». Così il corvo battezza la Direzione Centrale per i servizi tecnico-logistici e la gestione patrimoniale. Un formidabile centro di spesa che, tra il 2006 e il 2011, vede avvicendarsi al suo vertice tre prefetti. Nicola Izzo (futuro vicecapo), quindi Giovanna Iurato e infine Giuseppe Maddalena. I primi due, per altro, già macchiati dal sospetto e indagati da oltre due anni a Napoli proprio perché accusati di aver pilotato gli appalti per la realizzazione del Centro Elaborazione dati Nazionale del Viminale. Ebbene, in quella direzione centrale del Ministero – scrive il corvo – «la casa della legge diventa luogo prediletto per l’affermazione
di interessi personali». «Ci si può muovere per realizzare interessi personali», grazie a «forme di assegnazione diretta» di commesse milionarie, coperte da «un ricorso improprio a forme di segretazione». E non da ieri. «Da anni». «Nel settore delle telecomunicazioni, delle sale operative, del centro elaborazione interforze, del sistema automatico per la gestione delle impronte digitali».
LE AZIENDE
Un circuito chiuso e impermeabile a occhi indiscreti, magistratura amministrativa in primis. Di cui – a dire del corvo – beneficia sempre una stesso drappello di imprese: Sintel, Divitech, Telecom Italia, Beyond Security. Qualche esempio? «Alla Sintel, il Viminale paga con fondi comunitari e senza gara, apparati per la polizia stradale (5,4 milioni di euro), Polizia Penitenziaria (7,1 milioni), Vigili del Fuoco (5,6 milioni)». «Alla Telecom va il rifacimento di tutte le sale operative della polizia, con la strategia dello spezzettamento delle commesse». E ancora: «A Varese, senza gara, per compiacere l’allora ministro Maroni, viene sperimentato un nuovo sistema di gestione per il 112 europeo » che si aggiunge in parallelo ad un progetto identico nello scopo, ma diverso nelle tecnologie, «con il risultato di raddoppiare i finanziamenti. (…) Ma l’importante è soddisfare il ministro e portare avanti i propri malaffari con soddisfazione degli amici». Quali?
GLI UOMINI
Di Izzo, si è detto. Ma con lui, appunto, il «corvo» ne indica altri. Enzo Roveda, amministratore della Divitech, Alessandro Spasiano, «consulente tecnologico riservato della Polizia», Gianfranco Polizzi, proprietario della Sintel, Massimo Sordilli, funzionario commerciale di Telecom, il prefetto Giuseppe Maddalena. Quest’ultimo ha lasciato la direzione centrale del Logistico per «raggiunti limiti di età nell’agosto scorso». In singolare coincidenza con l’arrivo dell’anonimo sulla scrivania del ministro Cancellieri dell’anonimo. E con altrettanto singolare coincidenza del rientro a Roma della Iurato (dal 2009 prefetto dell’Aquila), richiamata in sede per essere assegnata ai servizi ispettivi. Ebbene, Maddalena è accusato dei suoi rapporti con Emilio Meccheri «coproprietario della Beyond security e già suo testimone di nozze e sodale nei periodi di ferie».
«IGNOMINIA»
Izzo si dice diffamato e nel parlare di «ignominia» sostiene di «non occuparsi di appalti» nella sua veste di vicecapo. A ben vedere, lo ha fatto in passato come direttore centrale del Logistico e come vicecapo è oggi a lui che risponde il direttore centrale di quella struttura. Il che, evidentemente, non prova nulla, ma spiega che aria tiri al Viminale in queste ore.
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