Ilva, 2000 operai in cassa integrazione

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TARANTO â€” Duemila lavoratori in cassa integrazione. Arriva la crisi di mercato ad acuire il momento complicato del-l’Ilva di Taranto, la grande acciaieria sulla graticola da luglio per il sequestro degli impianti inquinanti dell’area a caldo. Il ricorso alla cassa integrazione è stato formalizzato ieri ai segretari provinciali di Fim, Fiom e Uilm. «A causa del perdurare della crisi di mercato già  registrata a partire dal primo trimestre, fronteggiata sino ad oggi con il ricorso alle ferie e la ricollocazione in altre aree – si legge nella nota diffusa dall’azienda – Ilva comunica che sarà  avviata la procedura di Cassa Integrazione Ordinaria per lo Stabilimento, che interesserà  un massimo di circa 2.000 dipendenti a partire dal 19 novembre per 13 settimane. Gli impianti coinvolti saranno: Tubificio, Rivestimenti, Treno Nastri 1, Treno Lamiere, Officine centrali di
manutenzione, Servizi ed una parte della Laminazione a freddo». Così la scure andrà  a colpire nell’area a freddo, lontano dagli impianti sotto sequestro sulla carta dallo scorso 26 luglio. Dove paradossalmente la produzione non conosce soste. Per i sindacati si tratta di una vera e propria doccia scozzese, poiché si erano presentati in direzione per conoscere la posizione dell’azienda sulle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia), rilasciata dal ministro dell’Ambente Corrado Clini.
Quelle prescrizioni sono decisive per il futuro dello stabilimento, sotto accusa per i veleni killer che, sostengono i pm, fanno ammalare e morire i tarantini. Sotto chiave ci sono sei reparti strategici della fabbrica che dà  lavoro a dodicimila operai, mentre da fine luglio il patron Emilio Riva e suo figlio Nicola sono ai domiciliari per disastro ambientale. L’Aia prevede interventi strutturali per abbattere l’inquinamento, peraltro, non perfettamente in linea con quelli più immediati dettati dalla procura. Ieri è scaduto il termine entro il quale l’azienda avrebbe dovuto comunicare al ministero il cronoprogramma per l’avvio dell’Aia. Al posto della tabella di marcia, però, è arrivata una scarna comunicazione
per sposare l’Aia ribadendo come condizione il pieno utilizzo degli impianti sequestrati. Ilva temporeggia e per certi versi torna a sfidare la Procura. Così lascia inevitabilmente aleggiare lo spauracchio di una possibile chiusura, suscitando la reazione dei sindacati che in coro hanno comunicato
l’indisponibilità  a trattare sulla cassa sino a quando non verrà  aperto un tavolo su prospettive e piani di risanamento che riguardano il colosso siderurgico.
Tutto questo accade mentre infuriano proteste e polemiche per l’incidente in cui martedì scorso ha perso la vita un operaio di 29 anni: mentre lavorava nell’area movimento ferroviario, è rimasto schiacciato tra un locomotore ed un convoglio. I suoi colleghi sono in rivolta ed hanno paralizzato il reparto. L’agitazione andrà  avanti sino a domenica.


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