Il Vaticano adesso vuole comprare l’ospedale incompiuto di don Verzé

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MILANO — Il Vaticano torna in pista per comprare un grande ospedale. È il San Raffaele di Olbia, il sogno incompiuto di don Luigi Verzé. È un’operazione complessa, da quasi 150 milioni di euro. Il negoziato è in una fase decisiva: l’obiettivo è firmare l’accordo entro dicembre. In cordata con la Santa Sede c’è, ancora una volta, la famiglia di industriali genovesi Malacalza, insieme ad altri investitori. Si ripropone così il tandem Vaticano-Malacalza che era sceso in campo per salvare dal crac e acquisire il polo sanitario milanese di don Verzé, poi vinto all’asta per 405 milioni dall’imprenditore della sanità  Giuseppe Rotelli.
Il San Raffaele di Olbia, che non faceva parte del «pacchetto» acquistato da Rotelli, è l’ospedale sognato per vent’anni dal prete-manager, che però è morto prima di vederlo in funzione e dopo aver speso 185 milioni. È il pezzo pregiato del patrimonio rimasto in mano ai liquidatori della Fondazione Monte Tabor, l’ex holding del gruppo, che stanno bruciando i tempi per far cassa e rimborsare i debiti lasciati da don Verzé. Proprio la Santa Sede e i Malacalza si erano visti «soffiare» il San Raffaele dopo averlo gestito per sette mesi, fino al concordato preventivo (l’accordo in Tribunale con creditori e fornitori). Questione di soldi: l’offerta di Rotelli — resa possibile da un provvedimento del Tribunale fallimentare che ha riaperto i giochi al rialzo — era troppo anche per lo Ior, la banca vaticana che forniva parte dei capitali alla cordata guidata da Giuseppe Profiti, il presidente dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. Chiuso quel capitolo, le ambizioni del cardinale Tarcisio Bertone di far crescere la «holding della sanità  cattolica» sembravano finite. Oltretutto la vicenda San Raffaele aveva lasciato una scia di polemiche, non solo tra le varie correnti d’Oltretevere, ma anche tra gli stessi protagonisti. Nell’ultima fase dell’asta sul San Raffaele di Milano vi fu uno scontro fortissimo proprio tra gli uomini della Santa Sede e Vittorio Malacalza che non voleva uscire dalla partita.
Ora sembra tutto ricomposto e nel mirino c’è il polo sanitario della Gallura, nato da un progetto di don Verzé del 1988; i cantieri della costruzione sono stati aperti, però, solo una ventina d’anni dopo. Il negoziato, in fase serrata e riservata, è triangolare: i potenziali compratori (Vaticano-Malacalza) hanno come interlocutori da una parte i liquidatori della Fondazione Monte Tabor, titolare del leasing stipulato per la costruzione dell’ospedale, dall’altra le banche che hanno messo i soldi. Capofila è Sardaleasing (gruppo Banca Popolare Emilia), che ha la fetta più consistente del credito (26%).
Adesso l’accordo appare a un passo, anche se non è escluso l’inserimento nelle trattative di altri eventuali concorrenti. I lavori per la realizzazione dei 40 mila metri quadrati dell’ospedale della Gallura, comunque, sono praticamente finiti. Dopo anni travagliati che hanno visto rimandare all’infinito l’apertura e l’autorizzazione a operare con il sistema sanitario, il San Raffaele di Olbia ha ora un futuro. L’edificio, su sette piani, ha 250 camere. Nei (vecchi) piani socio-sanitari della Regione Sardegna è previsto che vengano sviluppate soprattutto le cure oncologiche (in particolare a indirizzo nefro-urologico), la chirurgia vascolare, le neuroscienze e la dialisi. È un progetto pensato anche per dare ai sardi nuove alternative di cura a casa propria, senza dover intraprendere lunghi viaggi della speranza. Se non ci saranno sorprese, a breve tutto ciò si concretizzerà  sotto la guida della Santa Sede e del suo manager più fidato, Giuseppe Profiti. Ma l’ospedale di Olbia non è il solo pezzo in vendita dell'(ex) impero di don Verzé. I liquidatori, ad esempio, sono al lavoro anche per le cessioni dell’ospedale di Bahia (Brasile), un hotel, vari appartamenti e terreni. Complessivamente il valore di queste proprietà  è stimato in 50 milioni di euro. Il liceo classico di ricerca sperimentale del San Raffaele di Milano, invece, è appena stato venduto al prezzo di un euro all’associazione Monte Tabor che fa capo ai Sigilli, i fedelissimi di don Verzé.
Mario Gerevini


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