IL TRAMONTO DELLA DESTRA

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La professione: il primo è uomo d’affari, il secondo avvocato. L’impegno nella vita politica: Berlusconi lo ha scelto tardivamente, aprendo un conflitto d’interessi senza precedenti, fonte di considerevoli tensioni nella vita italiana; mentre Sarkozy ha aderito giovanissimo al movimento neo-gollista. Il contesto italiano differisce da quello francese anche su molti altri registri: l’Italia è stata scossa, negli anni ’90, da uno tsunami politico che non ha l’equivalente in Francia; ma anche qui, sia pure con modalità  diverse, c’è stata una crisi di rappresentanza. Diversa anche la storia dei rispettivi partiti. L’Ump (Union pour un mouvement populaire) è nata assai prima di Sarkozy, che tuttavia l’ha riplasmata a proprio vantaggio; mentre Berlusconi ha creato di sana pianta prima Forza Italia e poi il Pdl. La Repubblica italiana versa tuttora in una fase di transizione incompiuta ed estenuante, mentre la Francia è retta dalla Costituzione della V Repubblica che, nonostante difetti e critiche, si dimostra efficace. Infine, Berlusconi, a differenza di Sarkozy, ha sempre dovuto agire in seno a una coalizione.
Ciò nondimeno, i due uomini presentano numerosi tratti in comune, tanto da giustificare il termine di “sarko-berlusconismo”. Li accomuna innanzitutto il periodo della loro ascesa al potere: Sarkozy è eletto sindaco di Neuilly, contigua a Parigi, nel 1983, e quindi deputato nel 1988, ma la sua vera ascesa inizia nel 1993 quando, appena 38enne, viene nominato ministro del Bilancio. Da quel momento in poi è uno dei politici francesi più in vista, e sarà  presidente della Repubblica dal 2007 al 2012. Berlusconi scende in campo nel 1994, e ossessiona letteralmente l’Italia per quasi 20 anni, al potere come all’opposizione. In secondo luogo entrambi hanno attuato nel campo della comunicazione un vero sconvolgimento, che Sofia Ventura ha analizzato bene nel libro Il racconto del capo (Laterza). E ciò non soltanto attraverso l’uso che hanno fatto dei media, in particolare della televisione; ma anche con la loro narrazione politica, il loro stile di provocazione permanente, l’abbattimento di molti tabù e lo stravolgimento dei codici e delle regole abituali della politica, personalizzandola a oltranza. L’uno e l’altro si sono sforzati di costruire un’egemonia culturale intorno a valori contraddittori: Europa e nazione, liberismo e protezionismo, modernità  e tradizione, elogio del lavoro e celebrazione dei piaceri della vita. Entrambi hanno occupato un vasto spazio, dal centro ai confini della destra estrema, costruendo intorno a sé un blocco sociale, certo con alcune differenze legate alle caratteristiche di due società  diverse, ma con le stesse basi sociali: professionisti, autonomi, manager, ceti popolari, anziani, abitanti delle piccole e medie città , cattolici osservanti.
La loro irradiazione è stata reale, come il loro smalto e il prestigio di cui hanno goduto, sebbene al tempo stesso abbiano suscitato vivaci opposizioni. Come si spiega allora il declino di Berlusconi e poi di Sarkozy? La crisi finanziaria, e quindi quella economica, hanno scompaginato ogni cosa, facendo dilagare il disincanto tra i sostenitori dei due leader per le tante promesse non mantenute, e alimentando l’aspirazione al cambiamento. A dire il vero, il fatto che questi leader forti abbiano concentrato tutta l’attenzione sulla loro persona li ha esposti a un pericoloso effetto boomerang: oggi l’opinione pubblica li vede come i responsabili del deterioramento economico e sociale. In questo clima, l’incanto che avevano suscitato si è rotto.
C’è ora da chiedersi cosa ciascuno lascerà  dietro di sé, sempre che la loro rinuncia alla politica sia reale – una decisione di cui si può dubitare, almeno nel caso di Sarkozy. Si manifesta qui una differenza di rilievo: in Francia l’Ump continua ad esistere, e rimane un’efficace macchina elettorale. Diverso il caso del Pdl, anche perché Berlusconi non voleva un partito solido, che col tempo avrebbe potuto fargli ombra. Ma l’ingombrante eredità  dei due leader fa sentire comunque il suo peso su tre questioni fondamentali. La strategia: che posizione deve assumere la destra, con chi allearsi? La leadership: chi sarà  il successore del capo e come esercitare la direzione del partito e della destra, con quale stile, in un momento in cui l’opinione pubblica è indubbiamente stanca di dirigenti tutto smalto e lustrini, e si aspetta personalità  serie e competenti? Infine, e soprattutto, si pone il problema del futuro del sarkozysmo e del berlusconismo, cioè di forme di cultura politica più longeve di chi, a un dato momento, le ha generate e incarnate. Le idee, i valori, le proposte, lo stile e gli atteggiamenti di questi due leader hanno sedotto gli elettori, impregnando la società  italiana come quella francese; e tutto ciò non scomparirà  con un colpo di bacchetta magica.
È questa, peraltro, la sfida che la sinistra francese sta affrontando. Franà§ois Hollande ha vinto le elezioni presidenziali, ma la sua politica è già  criticata da una maggioranza di francesi e al momento il presidente si sta dimostrando incapace di costruire un altro progetto, di proporre un’altra narrazione. Stessa sfida per il Pd, oggi impegnato nelle sue primarie, che non deve illudersi di poter vincere meccanicamente le elezioni la primavera prossima, qualunque sia la legge elettorale prescelta.
Nel teatro della politica francese e di quella italiana, due dei principali attori sono usciti di scena; ma nessuno sa come andrà  avanti il copione: è ancora tutto da scrivere. Un programma di vasta portata.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)


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