Il segretario e il (futuro) peso di Matteo nel Pd

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Falso perché intanto è innegabile che il sindaco di Firenze abbia vinto la sua battaglia per la rottamazione: lo dimostra anche il fatto che molti circoli del Pd in giro per l’Italia chiedono di non avere nei comizi per la campagna delle primarie esponenti della vecchia guardia come il presidente del Copasir e Rosy Bindi. Vero perché dopo la spinta della rottamazione la rincorsa di Renzi ha segnato una battuta d’arresto. In tutti i sondaggi, nei tre che ogni settimana si fa consegnare Pier Luigi Bersani, e in quello che tutti i lunedì arriva sulla scrivania del primo cittadino del capoluogo toscano, il segretario è sempre in testa. Con un’unica differenza: secondo le rilevazioni che giungono a largo del Nazareno il distacco tra i due oscilla tra i cinque e i dieci punti, mentre quelle commissionate da Renzi riducono la distanze a due, tre punti in percentuale. Non finisce qui: i sondaggi più accurati dicono che con un milione e mezzo di votanti Bersani vincerà  sicuramente al primo turno, mentre il sindaco di Firenze per ottenere la vittoria dovrebbe sperare in una mega-partecipazione: cinque di milioni di elettori. Renzi sa benissimo che la sua è una sfida durissima: «Al 70 per cento vincerà  Bersani, ma…». Ma non è detta l’ultima parola. Il sindaco continua a combattere: quest’ultima settimana girerà  in lungo e in largo per le regioni rosse: Emilia, Toscana e Umbria. E poi cercherà  di agganciare gli anziani, che sono il suo vero punto debole. Nel frattempo ha dato mandato ai suoi rappresentanti di lista di fotografare in ogni gazebo il risultato, onde evitare i brogli. Ma tutto si può dire di Renzi tranne che sia un ingenuo. Sin dall’inizio il sindaco sapeva che la sua battaglia era a dir poco ardua. Per questo ha pronto il piano B. «Non me ne andrò certo dal partito, anche se qualcuno vorrebbe che finisse così», spiega a tutti i suoi sostenitori, pure a quelli che vorrebbero intraprendere un’avventura diversa assieme a lui. No: Renzi resterà  al suo posto a Firenze e sarà  il leader della minoranza del Pd, in attesa di diventare maggioranza, perché il sindaco ritiene che un centrosinistra composto da Partito democratico e Sel avrà  vita breve. «Comunque dovranno passare per me», dice riferendosi a Bersani e ai suoi. Certo, per ottenere questo risultato il primo cittadino del capoluogo toscano deve ottenere almeno il 30 per cento dei consensi, perché al di sotto di quella soglia i rapporti di forza muterebbero inevitabilmente a suo sfavore. Dunque, anche la sconfitta non segnerebbe la fine politica del sindaco di Firenze. E il segretario, che lo sa bene, non a caso continua a ripetere ai fedelissimi che «Renzi dovrà  avere un ruolo di peso in futuro». Già , il Pd orbo del sindaco rischierebbe di ottenere meno voti perché non c’è dubbio che Renzi sta attirando forze nuove attorno a sé, e privarsene sarebbe un grosso errore per i dirigenti del Partito democratico. Ma il futuro del sindaco di Firenze non è, come pure crede qualcuno dei suoi, legato al congresso del Partito democratico. Non pensa di certo a fare il segretario. Lo dice e lo ripete: «Giammai». Ed è vero. Le sue ambizioni politiche sono diverse. Come si è visto anche ieri quando ha voluto dare la linea a tutto il centrosinistra sulle elezioni. Secondo lui è ridicolo e inspiegabile il litigio sulla data delle elezioni. Ufficialmente il Partito democratico è contrario all’abbinamento. Il sindaco, invece, la pensa in maniera molto diversa: secondo lui l’election day è la strada giusta. L’unico vero ostacolo per Matteo Renzi non è quindi la sconfitta alle primarie, ma la resa dei conti che si potrebbe tenere nella sua città  dove più di mezzo partito lo aspetta al varco.


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