Il pressing su Ambrosoli per «salvare» le primarie

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MILANO — Salvare le primarie. O comunque trovare un’alternativa per non rinunciare alla consultazione popolare che sorregga e rafforzi la candidatura di Umberto Ambrosoli al vertice della Regione Lombardia. Weekend frenetico di incontri e consultazioni fra i vertici dei partiti di centrosinistra, il sindaco Giuliano Pisapia, che sta seguendo in prima persona l’operazione e lo stesso Ambrosoli che domani incontrerà  capigruppo e segretari dei partiti pronti a sostenerlo. Poi, una riunione di coalizione e la direzione del Pd definiranno la scelta conclusiva.
La situazione è nota: l’avvocato, figlio dell’Eroe Borghese (la definizione è di Corrado Stajano) assassinato su mandato di Michele Sindona, ha dato la disponibilità  a rappresentare il mondo civico che gli ha chiesto di candidarsi alle Regionali. Il centrosinistra aveva però nel frattempo già  indetto le primarie di coalizione, che dovrebbero tenersi il 15 dicembre prossimo, definendo anche le regole della consultazione. Ambrosoli su questo punto ha fatto resistenza, soprattutto per mantenere la distanza dai partiti: che potrebbe anche diventare il punto di forza del suo progetto, allargato alle forze politiche di centrosinistra, ma nato su una base profondamente civica e autonoma.
Quando i vertici del Pd hanno azzardato l’ipotesi di rinunciare alle primarie «per convergere sul candidato che unisce tutti», è partita la rivolta. Prima, da parte di quelli che già  si sono candidati alle primarie e hanno iniziato il loro lavoro sul territorio: dalla ginecologa Alessandra Kustermann a Fabio Pizzul, consigliere regionale del Pd, fino a Giulio Cavalli di Sel, il socialista Roberto Biscardini, l’ambientalista Andrea Di Stefano. Poi, si è scatenata la base: sui blog, attraverso i social network e nelle trasmissioni radiofoniche, gridando al tentato golpe. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, l’altro giorno a Milano, ha lasciato la patata bollente nelle mani dei vertici del partito: «Decideranno loro», ha tagliato corto, aggiungendo però che «Ambrosoli rappresenta già  di per sé quell’allargamento a cui pensiamo quando parliamo di primarie». Potremmo farne a meno, insomma. Ma neppure questo intervento ha placato la polemica.
Il segretario regionale Maurizio Martina si è così rimesso al lavoro per cercare la mediazione: «Il Patto civico deve trovare il suo strumento di partecipazione», ha annunciato, ed è questa la strada su cui si lavora in queste ore frenetiche. Potrebbe dunque essere una consultazione civica e non di coalizione; potrebbe essere una primaria confermativa sul nome di Ambrosoli, con altri di partito che fanno un passo indietro. Ma qualcosa si farà .
Anche perché dall’altra parte, l’ex sindaco Gabriele Albertini ha ufficialmente cominciato la sua campagna elettorale con un videomessaggio lanciato ieri su YouTube. Molti ammiccamenti al popolo leghista, dalla cravatta verde al libro sui Camuni fino alla citazione in dialetto («A Milano se sta mai coi man in man»), per dire che le parole d’ordine sono «intraprendenza, responsabilità  e cuore». E per annunciare che «la nostra lista sarà  composta per l’80% da esponenti della società  civile e per il 20% da amministratori locali che hanno ben operato, ma lasciati ai margini dai partiti tradizionali. A tutti — è la promessa — chiederemo di sottoscrivere un severo codice etico». Di primarie, Albertini non parla. Aveva detto fin dall’inizio che non avrebbe partecipato, perché non si considera uomo del Pdl, malgrado la tessera ancora in tasca. E non ne parla neppure più nessuno del suo partito, preoccupati come sono soprattutto di non perdere l’appoggio con la Lega: senza la quale, sono convinti, la Lombardia andrebbe sicuramente ad Ambrosoli.


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