Il partito processa Di Pietro Ma non c’è la resa dei conti

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ROMA — Serve un’iniezione di democrazia interna per l’Italia dei valori, ma il congresso del partito si terrà  solo dopo le elezioni del 2013. Con questa mediazione, l’Ufficio di presidenza dell’Idv prende le misure con i «fatti, in alcuni casi anche sottoposti al vaglio della magistratura, che hanno coinvolto alcuni propri esponenti a livello locale». Il caso del capogruppo alla Regione Lazio, Vincenzo Maruccio, quello meno grave dell’indagine sulla vicepresidente della giunta regionale ligure Marilyn Fusco, le mille beghe scoppiate in Emilia-Romagna e, infine, la puntata di Report di domenica sera che ha riproposto — con effetto dirompente — la storia dell’eredità  Borletti utilizzata da Di Pietro per comprare una casa: messi tutti in fila, si tratta di campanelli di allarme che hanno fatto scattare l’allerta generale e la convocazione per dicembre dell’assemblea nazionale straordinaria.
Al termine dell’ufficio di presidenza durato due giorni, è passata solo in parte la linea invocata dal capogruppo alla Camera Massimo Donadi. Invece una proposta molto forte di Di Pietro — che avrebbe chiesto di azzerare nome e simbolo dell’Idv per rifondare un nuovo movimento — non sarebbe stata neanche presa in considerazione dal gruppo dirigente del partito. Spiega comunque Donadi: «Prendo atto che l’ufficio di presidenza non ha accolto la richiesta di un congresso straordinario in tempi brevissimi e temo che rinviare a dopo le elezioni significhi dover attendere troppo». Tuttavia, aggiunge il capogruppo che più di altri ha messo il fiato sul collo a Di Pietro, «riconosco che la convocazione di una grande assemblea è un primo passo positivo e lì riproporrò i temi e le ragioni della mia richiesta di cambiamento». Dopo 14 anni — ha osservato il capogruppo al Senato Felice Belisario — «è necessario fare un tagliando per rimettere a punto la macchina e ripartire con nuovo slancio, attraverso nuove regole e nuove idee. C’era bisogno di una svolta…».
L’ufficio di presidenza — oltre al presidente, c’erano i capigruppo, Donadi e Belisario, la tesoriera Mura, Maurizio Zipponi, Carlo Costantini, Ignazio Messina, Ivan Rota e Niccolò Rinaldi — ha «unanimamente rinnovato la propria piena fiducia ad Antonio Di Pietro». Ma poi è stato deciso di fissare per dicembre «l’assemblea generale aperta a tutti gli eletti, gli amministratori e gli iscritti all’Idv». L’assise dipietrista servirà , tra l’altro, a «rendere vincolanti alcune specifiche misure in materia di trasparenza dei comportamenti individuali e delle scelte politiche». E questo, ha osservato il senatore Francesco Pardi, «è un passo molto importante che andava fatto da tempo».
I gruppi consiliari regionali che non dovessero adeguarsi entro 30 giorni dalla data di ricezione del nuovo regolamento «saranno non più riconducibili all’Italia dei valori». Inoltre, come annunciato il 21 ottobre scorso da Antonio Di Pietro al Corriere, i curricula dei candidati per il Parlamento e per i consigli regionali (Molise, Lazio, Lombardia) verranno sottoposti alla preventiva pubblicazione online: «In tal modo sarà  possibile verificare, prima della eventuale candidatura, la loro idoneità  politica e morale a rappresentare il partito. Verranno poi varate regole più stringenti per le incompatibilità : Vincenzo Maruccio, capogruppo alla Regione Lazio, era infatti anche legale e tesoriere del partito.
Di Pietro è passato al contrattacco sulla questione delle case e della gestione personalistica del partito. Sul suo sito avverte: «Calunnie, solo calunnie». E risponde analiticamente su: «Gestione dei finanziamenti, rimborsi elettorali, tutti gli immobili, la società  Antocri, la mia risposta a Report». Sulla questione delle case di proprietà , Di Pietro ha fatto compulsare i computer del catasto per dimostrare che quelle fatte passare per unità  immobiliari sono semplici particelle catastali (scale, pertinenze, cantine). In ogni caso la vicenda della donazione di 954 milioni di lire dell’imprenditrice Maria Vittoria Borletti — giunta nelle mani di Di Pietro nel 1995 e utilizzata dal leader dell’Idv per acquistare un appartamento — è difficile da digerire dai militanti del partito anche se non vi sono profili penali.


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