Il falso schema dei giornalisti e una vecchia copertina dell’«Unità »
Non è il profumo della guerriglia a suscitarlo, ma il titolo di prima pagina de l’Unità di ieri: «I violenti contro lo sciopero». Il nostro orologio interiore gira freneticamente all’indietro fino al 1977, alla rievocazione dei Pecchioli e dei Trombadori, dei «teppisti rossi» e dei «diciannovisti», come furono chiamati i giovani antesignani della vita precaria che oggi ha investito l’intera società . Un vero peccato che l’Unità non disponga più di analisti di quel calibro. Del resto larga parte della stampa italiana si dedica alla stucchevole ripetizione di uno schema, inventando di sana pianta i tasselli mancanti. Chi farnetica di molotov fantasma, chi evoca lo spettro del blocco nero, chi sospetta l’infiltrazione dei nazisti greci di Alba dorata (La Stampa), chi inventa, ancora l’ineffabile Unità , un nuovo tipo antropologico: l’«Ultrà da strada» la cui missione nella vita non consiste in altro che nell’esercizio della violenza.
Luca Telese, quello che sta «con gli ultimi e coi primi» (e dunque presumibilmente contro la gente normale) spiega tutto con «25 stronzi, malati delle battaglie urbane» che dispongono del potere immenso di scatenare l’inferno per emulazione e per reazione. Questi 25 stronzi si suppongono esistere, oltre che in diverse città italiane, anche ad Atene, Madrid, Bruxelles per citare solo i luoghi in cui si sono più distinti. Lo schema, senza varianti né evoluzioni, cui tutti si attengono è il seguente: c’è un vasto legittimo disagio che deve e può essere pacificamente espresso (recando il minor disagio possibile al traffico urbano) e ci sono dei professionisti della violenza nella doppia versione dei nostalgici ideologizzati e degli ultrà per vocazione che sguazzano in quest’acqua puntando allo tsunami. La ricetta «democratica» è allora reprimere duramente costoro senza travolgere i giovani di buona volontà che portano in piazza le proprie ragioni. È grosso modo la posizione espressa da Giannini su la Repubblica che, bontà sua, riconosce che le forze dell’ordine questa volta hanno esagerato.
La ricetta però non funziona mai, come la giornata del 14 ha dovunque dimostrato, semplicemente perchè lo schema che la sottende è falso. In primo luogo perchè in questo scenario non esistono figure fisse, i comportamenti dei singoli e dei gruppi sono determinati dal contesto e dalla contingenza e spesso le componenti più radicali sono le meno organizzate e politicizzate, il che non toglie che possano esprimere sovente una propria forma di politicità . La polizia interpreta a suo modo il fenomeno della «società liquida» e della militanza intermittente, massacrando il ragazzino inerme che di lì a poco potrebbe trovarsi di fronte come antagonista, così come il «guerrigliero» che alla prossima occasione manifesterà in forma assolutamente pacifica . È una logica spietata, ma è una logica. La stessa che Francesco Cossiga espresse, con la consueta schiettezza, a proposito del suo operato di ministro degli interni. Ma della più efficace istigazione alla violenza siamo debitori ad Angela Merkel, la quale, commentando il 14 novembre, ha dichiarato che lo sciopero è un diritto, ma lei e l’Europa non cambieranno di una virgola la propria politica di austerità .
Le ragioni dell’oligarchia non arretrano di un passo. Come devono accogliere queste parole milioni di persone stremate dalla crisi e da una sequenza infinita di mobilitazioni senza esito? Lo schema che vede nell’azione del blocco nero o di qualche altro malefico soggetto organizzato il motore delle violenze di piazza oscura ciò che in realtà sta accadendo e cioè che lo scontro sta assumendo i caratteri di una diffusa intifada (certamente meno sanguinosa e drammatica di quella palestinese) che coinvolge ragazzi giovani non inquadrati in nessuna tradizione e organizzazione, ma determinati a non piegarsi alla miseria cui sono stati condannati. Intifada che non si rivolta contro l’occupazione di una terra, ma contro l’occupazione delle vite presenti e future di più di una generazione. Chi non ci crede provveda ad arrestare i «25 stronzi» e vedremo se tutto finisce lì. LA STAMPA
prigioniera di vecchi cliché non coglie la rabbia dei giovani che non si piegano alla miseria cui sono stati condannati
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