I ragazzi e il Web anche la scuola faccia la sua parte

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Negli ultimi decenni si è fatto molto per debellare la piaga del bullismo tradizionale, fatto di ingiurie, minacce e atti di violenza sulle vittime designate. Il compito si è rivelato meno facile del previsto perché non si tratta solo di individuare la vittima e il colpevole ma di coinvolgere anche gli spettatori passivi, i compagni che condannano in astratto ogni prevaricazione ma in realtà  evitano di prendere posizione. Per comprendere questo atteggiamento di omertà  dobbiamo pensare che durante l’adolescenza (sempre più precoce e prolungata) sono frequenti i sentimenti di inferiorità  e di vergogna per caratteristiche, fisiche e psichiche, che non rientrino nella norma del gruppo. Accade allora che, per superare l’angoscia della propria difformità , si attivi un meccanismo inconscio di difesa che consiste nel proiettare sull’altro le componenti negative di sé in modo da sentirsi autorizzati ad attaccarlo e, simbolicamente distruggerlo. Finché le prevaricazioni avvengono nella realtà  concreta e in modo diretto è possibile che gli insegnanti e i genitori se ne accorgano e lancino l’allarme. Tutto si complica quando queste dinamiche accadono nel mondo virtuale, tramite messaggi incorporei, su lunghezze d’onda che sfuggono al controllo degli adulti responsabili. È possibile allora che la comunicazione esiti in rapporti sado-masochistici ove la vittima non osa denunciare gli abusi subiti sia perché teme che i suoi problemi divengano di pubblico dominio, sia perché si è resa complice delle ritorsioni che subisce. Se in questi frangenti il ragazzo si trova solo, viene invaso da intollerabili sensi di colpa e di vergogna. Per evitare di giungere ad esiti estremi, è importante spiegare per tempo le potenzialità  e i rischi della Rete. Come risulta nel volume scritto da Matteo Lancini e Laura Turani, Sempre in contatto. Relazioni virtuali in adolescenza (Franco Angeli editore) i ragazzi evolvono e si trasformano anche attraverso queste moderne forme di comunicazione. Non si tratta allora di condannarne ideologicamente l’utilizzo ma di prepararli a usarle in modo competente e moralmente responsabile.


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