Frequenze tv, il siluro di Bruxelles “Mediaset ancora troppo favorita”

Loading

ROMA — Sono nove le critiche con le quali la Commissione europea colpisce l’asta per l’assegnazione delle frequenze televisive voluta dal governo Monti. Punti tecnici che avranno ricadute economiche e politiche. Di fatto i rilievi di Bruxelles allontanano la partecipazione di Mediaset e Rai alla gara indetta dal ministro Passera per evitare che le frequenze venissero regalate al Biscione, come invece aveva decretato il governo Berlusconi. La Commissione non si esprime sulla scelta di cancellare il Beauty contest, l’assegnazione gratuita dei nuovi canali digitali, in favore della gara a pagamento. Ma fa le pulci alle regole con le quali sarà  fatta. Per la Ue in ballo c’è il pluralismo in un Paese chiave come l’Italia.
I rilievi di Bruxelles sono contenuti in una lettera dei servizi dei commissari Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, e alle Comunicazioni, Neelie Kroes. Missiva spedita al presidente dell’Autorità  per le comunicazioni Angelo Cardani. Già , perché lo schema per l’asta lo ha scritto l’Agcom, anche se la stessa Ue riconosce che le critiche sono rivolte al governo che ha scritto la legge in base alla quale l’Authority ha poi agito. «L’Agcom – scrive la Commissione – è obbligata a rispettarla». Ma, aggiungono Almunia e Kroes, l’Autorità  può «disapplicare le norme nazionali contrarie a quelle europee». Insomma, ricordano che l’Autorità  di Cardani dopo essersi consultata con Bruxelles può riscrivere i criteri approvati dal governo lo scorso aprile. Cosa che potrebbe fare già  nella seduta di domani. Perché in questa vicenda il coltello dalla parte del manico ce l’ha Ue. Merito del governo Berlusconi, che quando decretò il Beauty contest fece scrivere regole che, ricorda la missiva europea, «garantivano» a Mediaset e Rai «una chiara e sostanziale protezione dalla concorrenza» con l’assegnazione dei nuovi canali digitali «senza procedure oggettive, proporzionate e non discriminatorie ». Da qui l’apertura di una procedura di infrazione che ora da alla Ue poteri vincolanti. Il testo andrà  dunque modificato, sottoposto a consultazione pubblica e rinviato a Bruxelles per l’ok (o la bocciatura) finale.
Sono nove i criteri per l’asta che non vanno e che si discostano dall’accordo del 2009 raggiunto tra il governo Berlusconi e la Commissione per aprire la strada alla chiusura della procedura. Il primo punto riguarda Mediaset e Rai. Il governo ha messo all’asta sei nuovi Multiplex, pacchetti di frequenze che più e meno valgono cinque canali digitali ciascuno. Tre sono di tipo U. I migliori, di ottima qualità  e con una copertura su tutto il territorio. Ma il governo Monti ha deciso che la loro assegnazione dovrà  essere limitata nel tempo: saranno assegnate solo per 5 anni in modo da permettere, dal 2017, di darli agli operatori telefonici. «Una durata insufficiente per permettere il recupero degli investimenti» dei nuovi entranti, dei concorrenti di Rai e Mediaset. Per questo gli altri Multiplex, quelli di tipo L di qualità  inferiore e non in grado di trasmettere in tutte le regioni, andranno «riservati» ai nuovi operatori, tra i quali Sky. Dunque Rai e Mediaset non potranno mettere le mani su frequenze di lunga durata. E per Sky oltretutto cade l’obbligo di trasmettere in chiaro sul digitale (dunque via libera alla pay tv di Murdoch anche fuori dal satellite). Un bel problema per Mediaset. E non è il solo: la Commissione ingiunge di far rispettare il tetto di cinque pacchetti di frequenze digitali a operatore. Il Biscione ne ha già  quattro e se parteciperà  alla gara per il quinto non potrà  trasformare in canali digitali, come ha in animo, la tecnologia già  acquisita per la tv sui cellulari (Dvb-H). La Ue lascia anche intendere che se si prenderà  le nuove frequenze e poi proverà  a riciclare quelle dei telefonini, Mediaset andrà  incontro a provvedimenti Antitrust.
Inoltre se il Biscione, come la Rai, otterrà  il quinto Multiplex dovrà  concedere a operatori indipendenti il 40% della sua capacità  trasmissiva con un canone limitato ai costi effettivi sborsati per farle funzionare (dunque non ci potrà  lucrare). Paletti che potrebbero sconsigliare l’azienda di Berlusconi a partecipare all’asta. Bruxelles chiede poi al ministero di Passera di definire meglio la struttura dei canali riservati ai nuovi entranti e di allungarne la licenza da 15 a 20 anni. Infine ingiunge di fissare un valore minimo per la gara in modo da evitare che il prezzo funzioni da «disincentivo » per la partecipazione di nuovi operatori. Insomma, i prezzi non dovranno essere troppo alti, con rischio per i guadagni per l’Erario.


Related Articles

Il doppio legame che soffoca Wikileaks

Loading

Il maggior rischio per Julian Assange non è la sua cattura da parte di Scotland Yard, ma che leghi Wikileaks al suo destino. Possibilità  che avrebbe molte spiegazioni. In fondo è stato l’hacker australiano a mettere in piedi il gruppo di informatici e mediattivisti che ha preso il nome Wikileaks; è stato inoltre Assange a studiare le forme di finanziamento all’organizzazione.

Il popolo di Internet

Loading

Si può organizzare un “evento storico” su Internet senza il “popolo” di Internet? Si può esaltare il ruolo di Internet nel rendere possibili cambiamenti democratici e poi essere reticenti o silenziosi sulla effettiva tutela dei diritti fondamentali in rete? Si può definire Internet “un bene comune” e poi affermare l’opposto, la sua sottomissione alla logica della proprietà  privata?

La Bimba-Blogger che la Rete salva dalla Censura

Loading

Il web ha il potere di trasformare in star chiunque. Persino una bambina di 9 anni, Martha Payne, allieva della scuola elementare Lochgilphead di Argyll, in Scozia.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment