Fisco, tornano le cartelle pazze blitz del governo al Senato
ROMA — Pessime notizie per i cittadini. Da una parte, il ritorno delle “cartelle pazze” e la possibilità di ganasce fiscali per i contribuenti onesti e vessati ingiustamente. Dall’altra, la contrarietà netta del direttore dell’Agenzia delle entrate alla possibilità di detrarre scontrini e fatture per far emergere un po’ d’evasione. «L’onestà per convenienza non la trovo corretta e la misura non porta quei vantaggi di cui si parla», ha detto Befera. A sorpresa poi, nella convulsa giornata di ieri al Senato, arriva un emendamento al decreto sugli Enti locali che obbliga le Fondazioni bancarie a pagare l’Imu anche per gli immobili in cui si svolge attività filantropica. L’incasso per lo Stato sarà di 600 mila euro l’anno. «Una discriminazione incostituzionale. Noi fondazioni siamo impegnate nel togliere il disagio sociale nel Paese», inveisce Giuseppe Guzzetti, presidente Acri. Il testo del decreto, incluso in un maxi-emendamento, è così pronto per la fiducia che il governo porrà martedì. Dentro, anche la norma che trasforma in legge il regolamento sull’Imu per Chiesa ed enti non profit.
Tutto era pronto in Commissione finanze. I senatori erano concordi nel chiedere al governo una sessione “deliberante”, ovvero di poter votare lì, senza passaggio in Aula (visto l’ingorgo di provvedimenti da approvare), il disegno di legge che aiuta quanti hanno ricevuto o riceveranno le cosiddette “cartelle pazze”. E cioè multe e tasse non
dovute, perché già pagate, i termini sono scaduti, la richiesta non è legittima, c’è già una sentenza favorevole del giudice oppure chi le pretende ha fatto uno “sconto”. Ebbene nel ddl, presentato dall’Idv, si fissa un termine, 220 giorni, dal ricorso del cittadino beffato entro cui Equitalia, a nome dell’ente creditore (chi ha emesso il ruolo, ad esempio il Comune o l’Agenzia delle entrate), deve rispondere. Superato il termine, la cartella è nulla. Su questo ddl il governo chiede dei pareri tecnici. Uno in particolare al ministero della Giustizia, «non vincolante», come spiegherà poi il dicastero della Severino in una nota. Nel parere si osserva che, con l’eccezione
della nullità sin dall’origine della “cartella pazza”, l’ente creditore «può reiscrivere a ruolo le somme già discaricate a condizione non sia decorso il termine di prescrizione». In pratica, Equitalia può cancellare la multa, ma chi emette il ruolo può rimandare la cartella. E così si ricomincia da capo, tornando al far west attuale dove non esiste un limite temporale e se il cittadino fa ricorso contro la follia di una cartella iniqua, la risposta dell’amministrazione può non arrivare per vent’anni, fino a quando non si presentano alla porta di casa con le “ganasce”. Il governo, dunque, tramite il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, fa suo il parere del dicastero di via Arenula, e scrive al presidente del Senato Schifani: «Le comunico l’autorizzazione del governo al trasferimento in sede deliberante del provvedimento, condizionato al recepimento della seguente modifica». Quella suggerita dalla Giustizia. Così però il governo mette il ddl su un binario morto, visto che la modifica lo vanifica di fatto. L’opzione di portare il ddl in Aula, così com’è, rimane sul tavolo. Ma i tempi sono davvero risicati per un’approvazione entro la fine della legislatura. «Una vergogna, non ci sono i tempi tecnici», tuona Elio Lannutti, senatore Idv, tra i proponenti del ddl. «Il ministero della Giustizia vanifica il lavoro della Commissione. E questo governo, che disprezza il Parlamento, si assume la responsabilità grave di continuare a vessare inutilmente i diritti dei contribuenti».
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