Fiom e contratti, Camusso non firma

by Sergio Segio | 10 Novembre 2012 9:04

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ROMA. Nulla di fatto, per il momento, al tavolo per la produttività : imprese e sindacati non sono riusciti a mettersi d’accordo nè giovedì sera e neanche per tutta la giornata di ieri, e così un nuovo incontro è stato fissato per lunedì prossimo. Le contrarietà  maggiori sono venute dalla Cgil, che ha smontato parecchi punti del documento messo a punto dalle imprese, mentre al contrario Cisl e Uil, in caso di accettazione di alcune modifiche più limitate, si erano dette pronte a firmare.
A far tramontare le speranze di una firma è stata la segretaria Cgil Susanna Camusso, che nella mattinata di ieri ha annunciato: «Siamo molto lontani da un accordo». Lo schema sul quale hanno raggiunto un’intesa le parti datoriali, ha spiegato, «accoglie l’idea che ci sia una riduzione dei salari contrattuali». Decidere «di ridurre il reddito delle persone ci pare la scelta economicamente più sbagliata oltre che ingiusta perché in questa stagione il problema del Paese è la riduzione dei consumi; le persone non ce la fanno più». Lo scoglio che comunque ha fermato più di tutti la Cgil è il nodo della rappresentanza: Camusso ha chiesto che la Fiom venga ammessa a trattare al tavolo con Federmeccanica per il rinnovo del contratto, così come prevede l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011.
Tutti gli altri interlocutori, in particolare la Confindustria, hanno per il momento respinto la richiesta, spiegando che era fuori tema rispetto ai nodi discussi al tavolo. La Cisl ha rimbrottato la Cgil in particolare sul tema del presunto indebolimento dei salari di primo livello, affermando che «la Cgil dice bufale».
Ma in effetti un rischio di indebolimento del contratto nazionale c’è eccome: il documento infatti chiede che le parti possano derogare alla legge, con specifici accordi, su temi come «l’equivalenza delle mansioni e l’integrazione delle competenze, la ridefinizione dei sistemi di orari, la compatibilità  dell’impiego delle nuove tecnologie con la tutela dei diritti dei lavoratori». Insomma, toccando mansioni e orari, si mette mano a tutele e diritti fondamentali, e per questo la Cgil dice no.
Un altro punto previsto è la nuova formulazione delle regole di rappresentanza entro dicembre: si chiede la «piena applicazione dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, definendo entro il 31 dicembre un regolamento per la misurazione della rappresentanza sindacale, la disciplina delle Rsu, l’effettività  delle intese sottoscritte, il rispetto delle clausole di tregua sindacale, di prevenzione e risoluzione delle controversie collettive, ed eventuali meccanismi sanzionatori sulle organizzazioni inadempienti».
Ancora, si prevede che «i contratti nazionali saranno rinnovati per la parte economica entro i limiti previsti dai principi vigenti, cioè in base all’indicatore previsionale d’inflazione Ipca, ma tenendo conto delle tendenze generali dell’economia». Indice Ipca che era già  stato criticato in passato dalla Cgil, senza contare che adesso si «indebolisce» aggiungendo le previsioni di contesto (cioè in tempi di crisi l’aumento potrebbe essere ancora più magro).
Il testo delle imprese chiede anche una «chiara delega» rispetto alle materie che passeranno dalla contrattazione di primo livello al secondo, un’indicazione cioè più chiara di quanto non faccia già  l’accordo del 28 giugno. Le materie demandate alla contrattazione decentrata riguarderebbero, secondo quanto chiedono le imprese, la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro. Il testo dice poi in modo esplicito che i contratti collettivi attualmente in discussione vanno conclusi entro le scadenze previste, nella gran parte dei casi entro il 31 dicembre. Le parti, dunque, dovrebbero assumere precisi impegni negoziali a chiudere rapidamente.
Un ultimo punto, che non piace neanche a Cisl e Uil, è quello del blocco degli automatismi degli aumenti degli stipendi al crescere dell’inflazione. E se il governo mette 1,6 miliardi di euro per detassare il secondo livello, la Uil afferma che firmerà  «solo se la detassazione sarà  strutturale».

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