Europa «Patto sociale per l’Ue»

by Sergio Segio | 14 Novembre 2012 15:26

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«La giornata di azione europea può rappresentare uno spartiacque nel modo di affrontare la crisi da parte delle organizzazioni dei lavoratori». Lo afferma senza timore lo spagnolo Ignacio Fernà¡ndez Toxo, segretario generale del principale sindacato iberico, Comisiones obreras, e presidente della Confederazione europea dei sindacati (Ces) che indice la mobilitazione di oggi. «Fino ad ora hanno pesato le differenze negli effetti della crisi nelle diverse zone del continente, ma ora siamo davvero a un passaggio storico per il movimento sindacale europeo».
Qual è l’elemento fondamentale che rende così importante questa giornata?
Per la prima volta interpretiamo in maniera comune la situazione europea, andando oltre le specificità  nazionali. A unirci non è solo il rifiuto dell’austerità , ma anche la proposta. Alle politiche neoliberiste noi opponiamo la rivendicazione di un nuovo «patto sociale per l’Europa», che deve contenere misure per fare fronte alla crisi finanziaria come l’emissione di Eurobond, ma anche provvedimenti per l’occupazione e lo sviluppo sostenibile.
La Ces finalmente acquista protagonismo, eppure è innegabile la diversa intensità  della protesta: sciopero generale in Spagna, Portogallo, Grecia e Italia, semplici manifestazioni altrove…
È vero, ma nella maturazione della proposta comune bisogna registrare il ruolo positivo che ha avuto la Confederazione sindacale tedesca (Dgb – Deutsche Gewerkschaftsbund). E il fatto che organizzi una manifestazione a Berlino proprio alla Porta di Brandeburgo ha un grande valore simbolico. Certo, nella loro mobilitazione di domani (oggi, ndr) prevale la componente della solidarietà  verso l’Europa meridionale, ma si fa largo l’idea che ciò che ora sta capitando a noi nel sud succederà  anche a loro, se non si sconfigge l’austerità . L’attacco ai diritti dei lavoratori non risparmierà  nessuno: ne è consapevole il sindacato in Germania, ma anche in Olanda o Svezia.
Ma esiste realmente oggi la possibilità  di incidere per il movimento sindacale? Spazi di negoziazione con le istituzioni europee francamente non se ne vedono.
In effetti sono molto limitati. Perché l’Unione europea (Ue) attuale praticamente non li prevede: di un ruolo attivo delle organizzazioni sociali non c’è traccia. In realtà , c’è una questione preliminare: sono innanzitutto le istituzioni europee di Bruxelles a dover riaffermare il senso della loro esistenza autonoma. Perché in questa fase la Commissione e il Consiglio sono condizionati dalle decisioni che si prendono a Berlino e Francoforte. Dovrebbero invece dare impulso ad una sorta di rifondazione del progetto europeo che, secondo noi, deve avere al centro la nostra proposta di patto sociale. È imprescindibile che le istituzioni europee capiscano che non possiamo andare avanti con una moneta comune, ma senza strumenti di governo economico e di coesione sociale.
Come valuta i segnali di riforma dell’Ue, che potrebbero portare anche ad un nuovo trattato?
Non sono ottimista. Il fatto che i lavori preparatori per «l’autentica Unione economica e monetaria» siano affidati alla cosiddetta «commissione dei quattro presidenti», e cioè i vertici di Consiglio, Commissione, Eurogruppo e Banca centrale, è già  eloquente: l’unico presidente a non essere coinvolto è quello del Parlamento. Basta questo a far capire in che condizione versi la democrazia in Europa. Siamo a una specie di riedizione del dispotismo illuminato: si fa il bene del popolo contro il popolo. Per questo è importante dare voce ai cittadini, senza deleghe ai nuovi «despoti illuminati».
Con la giornata di mobilitazione europea il sindacato batte un colpo: e la sinistra ? A suo giudizio è all’altezza dello scontro in atto?
Io sono molto critico nei confronti dei partiti socialdemocratici. Non sono stati mai un contrappeso reale al discorso neoliberista egemone, anzi: la «terza via» di Blair e Schrà¶der ha pesanti responsabilità  nello svilupparsi delle condizioni che ci hanno portato a questa crisi. E anche dopo lo scoppio della crisi è rimasta l’incapacità  di contrastare realmente le ricette che portano il segno della Cancelliera Angela Merkel.
Doveva farlo Franà§ois Hollande, che ora sembra già  in seria difficoltà …
È prematuro dire che il presidente francese abbia già  deluso. Tuttavia, credo che nel Consiglio europeo di giugno abbia ceduto troppo in fretta alle pressioni tedesche: il risultato di quel vertice fu scarso. Di concreto per la ripresa economica e il lavoro non c’è stato praticamente nulla, mentre l’austerità  è rimasta. E poi Hollande ha dato il suo consenso al «fiscal compact» rinunciando a rinegoziarlo: un errore che rischia di compromettere il resto del suo mandato e di indebolire le prospettive di un’Europa diversa.
E la sinistra alternativa? In Spagna Izquierda Unida sta crescendo, per non parlare di Syriza in Grecia.
È sicuramente coerente nella difesa degli interessi della popolazione ed è presente nei movimenti sociali: ma troppo spesso, salvo eccezioni come Syriza, non riesce a superare una vocazione minoritaria che le impedisce di essere efficace. In ogni caso, a prescindere dalle valutazioni politiche, voglio sottolineare che noi non siamo cinghie di trasmissione di nessuno. Il movimento sindacale ha un ruolo generale, e non limita il suo raggio d’azione ai luoghi di lavoro, da cui ovviamente parte: siamo e dobbiamo restare nella società .

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