Europa amara anche per Gm-Opel: a casa in 2.600
Grazie all’incremento di vendite e prezzi, il colosso di Detroit ha guadagnato 900 milioni di dollari nel terzo trimestre. E il titolo a Wall Street ha segnato un balzo del 9% (dopo i conti del trimestre superiori alle attese). Complessivamente però gli utili nel trimestre sono scesi a 1,48 miliardi di dollari (-14%) mentre i fatturati sono saliti a 37,6 miliardi, dai 36,7 di un anno fa.
Come per altri produttori è il Vecchio Continente il mercato che segna il passo, con una perdita nell’area di 500 milioni rispetto a quella di 300 milioni di un anno fa. E secondo il ceo di Detroit Daniel Akerson, non andrà meglio, tanto che le previsioni parlano di una perdita a fine anno di 1,8 miliardi dollari. Ipotizzando il pareggio nelle attività europee non prima del 2015. Opel, la filiale europea di Gm, è una sorta di zavorra per il gruppo: in perdita da 12 anni (per un totale di 16 miliardi di dollari) ha spinto i vertici di Detroit a cambiare rotta e a presentare un piano di ristrutturazione (anche se le trattative con i sindacati sono ancora in corso).
L’obiettivo è di ridurre i costi fissi in Europa di 500 milioni di dollari tra il 2013 e il 2015. Tagliando 2.600 posti di lavoro. Altri licenziamenti potrebbero essere possibili in base all’evoluzione della domanda nel Vecchio Continente. Gm ha anche detto che nel 2013 ridurrà i turni allo stabilimento Opel di Eisenach, in Germania, da tre a due. Il turn around per Opel potrebbe arrivare nel 2016 grazie al lancio di 23 nuovi modelli, a partire da Mokka il piccolo Suv lanciato quest’anno e dal debutto il prossimo anno della minicar Adam. «Abbiamo ancora molto lavoro da fare, soprattutto in Europa» ha detto il chief financial officer Dan Ammann. Mentre il gruppo sta cercando un nuovo ceo per le attività europee.
E come per Fiat Chrysler, nemmeno ai vertici di Detroit sono piaciute le parole del candidato repubblicano Mitt Romney che in alcuni spot elettorali ha accusato i due gruppi automobilistici di voler trasferire parte della produzione (e quindi di posti di lavoro) in Cina. «Lo spot rappresenta il peggio di una campagna politica cinica — ha detto il portavoce di Gm Greg Martin —. Noi pensiamo che creare posti di lavoro negli Stati Uniti e far sì che gli utili tornino in questo Paese dovrebbe essere fonte di un orgoglio bipartisan».
In Europa anche la rivale Ford viaggia in salita. La settimana scorsa il gruppo numero due al mondo ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti nella Regione con il taglio di 5.700 posti di lavoro e l’obiettivo di ridurre i costi di almeno 500 milioni di dollari. Ford ha detto di aspettarsi una perdita di 3 miliardi nei prossimi due anni in Europa, incluso almeno 1,5 miliardi quest’anno. Nel 2014 le cose dovrebbero andare leggermente meglio (con una riduzione delle perdite) e con un ritorno all’utile nel 2015.
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