Elettroshock per oltre 1.400 persone in tre anni

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ROMA – Negli ultimi anni sono 1.406 (521 persone nel 2008, 480 nel 2009 e 405 nel 2010) le persone che sono state sottoposte all’elettroshock. Una pratica diffusa ancora in nove centri ospedalieri sparsi su tutto il territorio nazionale: all’ospedale di Montichiari in provincia di Brescia, in quello di Oristano, al Santa Trinità  di Cagliari, a Brunico, a Bressanone, a Pisa e in tre cliniche private convenzionate (San Valentino di Roma, Santa Chiara di Verona e alla clinica Baruziana di Bologna). L’allarme su un metodo considerato privo di fondamento scientifico, oltre che violento e pericoloso, è stato lanciato oggi da Psichiatria democratica che ha dato il via alla campagna “No elettroshock”, per far conoscere la rilevanza del fenomeno e per chiedere alle Asl di verificare se in questi anni siano state rispettate le indicazioni contenute nella circolare Bindi del 15/12/1999.

Sulla questione è stata presentata a luglio anche un’interrogazione parlamentare, firmata dalle deputate Delia Murer, Luisa Bossa e Maria Antonietta Farina Coscioni, al ministro della salute Renato Balduzzi. “Non abbiamo ancora ricevuto risposta dal ministro – afferma Durer – . Nonostante le direttive del ’99, in cui sono contenute delle linee guida su come intervenire preventivamente su questa pratica, che dovrebbe essere l’ultima ratio, un’indagine conoscitiva del Senato ha fatto emergere che nel triennio ci sono stati circa 1400 casi. È un metodo che non rispetta la dignità  della persona, ed è anche un intervento violento sul corpo. Abbiamo chiesto a Balduzzi che ci chiarisse se, rispetto a questi 1400 casi, siano state adottate tutte le modalità  previste dalle linee guida”. “Quella della salute mentale è oggi più che mai una questione sociale rilevante – aggiunge Farina Coscioni –e ha una rilevanza politica: dall’inizio della legislatura ci sono stati vari tentativi di mettere mano alla legge 180, che grazie al nostro comune sentire abbiamo bloccato e sventato. Il tentativo più grave è stato quello di voler normare il trattamento sanitario necessario al posto di quello obbligatorio. Questa interrogazione vuole fare chiarezza per capire il valore, o meglio il disvalore di questo trattamento, la risposta la aspettiamo con ansia”.

La campagna di Psichiatria democratica, No elettroshock”, sostenuta da varie associazioni tra cui Libera, Unasam, Legacoopsociali e Cittadinanzattiva. Ed è rappresentata da un volantino con un disegno realizzato da Sergio Staino. “Diciamo no a questa pratica e lo vogliamo fare ragionando sui fatti. Pensare che il cervello sia malato come dicevano gli  psichiatri nell’ottocento, non è più possibile – sottolinea Emilio Lupo, segretario di Psichiatria democratica – . Siamo fuori dal tempo, è incontrovertibile quanto le pratiche di salute mentale hanno dimostrato: l’unica strada maestra è la presa in carico globale del paziente. L’elettroshock è uno degli strumenti usati per tornare indietro, e ciò significa costruire gabbie. Nessuno può oggi non capire che non c’è bisogno di costrizioni ma di mutuo aiuto e presa in carico. In letteratura tutti affermano che questa pratica è dannosissima e crea soprattutto danni alla memoria che saranno sempre presenti”. 

 

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