Draghi avverte: risanamento con più tagli non con più tasse

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MILANO — Deficit e debito pubblico si riducono con il taglio della spesa e non alzando le imposte. Per il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, il consolidamento fiscale «ideale», che ha un impatto meno negativo sul prodotto di un Paese, «deve essere centrato su riduzioni di spesa corrente e non su aumenti di tasse».
Il numero uno dell’Eurotower lo ha spiegato agli studenti dell’Università  Bocconi in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico. Seduto in prima fila c’era anche il premier Mario Monti, presidente dell’ateneo milanese che si è autosospeso un anno fa, quando ha accettato l’incarico istituzionale (il 16 novembre 2011 giurava da presidente del Consiglio). «Mi sento più vicino ai giovani di quando convivevo al loro fianco — ha detto il premier — perché sento che le attività  di governo in un momento come questo, di grande difficoltà  che non è stata ancora superata ma è in corso di superamento, sono attività  rivolte ai giovani».
Nel suo intervento Draghi ha sottolineato che «anche chi non condivide questa impostazione (taglio della spesa per il consolidamento fiscale, ndr) è però d’accordo sul fatto che è essenziale che il processo sia percepito come credibile, irreversibile e strutturale perché abbia effetto sugli spread sovrani».
Draghi ha ripercorso la crisi del debito sovrano, le reazioni dei mercati finanziari e le conseguenze per l’economia europea, fino agli interventi non convenzionali della Bce. Per guardare poi al futuro: «L’obiettivo finale è l’unione politica, un’Europa stabile e integrata».
Il cuore del ragionamento del banchiere centrale, che a luglio ha spuntato le armi di chi speculava sugli spread, è che «i tassi di interesse non possono e non devono essere identici nell’area, ma non è accettabile che emergano disparità  rilevanti a causa della frammentazione dei mercati dei capitali o di una presunta disgregazione dell’area euro». Per combattere la frammentazione della politica monetaria unica la Bce ha messo in campo le Omt (Outright monetary transactions), che Draghi ha ricordato «non mettono a repentaglio l’indipendenza» dell’istituto centrale, «non implicano finanziamenti dissimulati ai governi», «non generano rischi eccessivi per i contribuenti» e «non causano inflazione». Ma vincolano gli Stati a continuare le riforme per il risanamento dei conti. La Bce non può sostituirsi — ha detto il banchiere centrale — all’azione dei governi nazionali né per l’efficacia della politica economica, né per la legittimità  democratica: «Spetta ai governi il compito di dissolvere definitivamente le incertezze che persistono nella percezione dei mercati e nei timori dei cittadini». Il punto d’arrivo è il completamento dell’Unione economica e monetaria, da raggiungere facendosi guidare «dal principio secondo cui nessun Paese è legittimato a condurre politiche che danneggiano gli altri membri della comunità  di cui fa parte».
Il premier ha parlato subito dopo. Un intervento non in programma, come spiegato dal vicepresidente della Bocconi Luigi Guatri, che ha assunto l’interim di Monti. Il presidente del Consiglio è stato breve. Dopo aver ringraziato il corpo docente, da cui si sente «molto lontano, seppure temporaneamente», Monti si è soffermato sul ruolo delle università , fondamentali «per lo sviluppo, la crescita e la presa di coscienza di un Paese sul proprio potenziale e i propri limiti» e luoghi dove si forgiano i valori. Ha ricordato che per governo e Parlamento formazione e ricerca sono una priorità , ammettendo che sarebbe «auspicabile una maggiore disponibilità  di risorse anche se non necessariamente sono un elemento della performance universitaria». E diretto ai giovani, ha concluso: «Siano abbastanza irriverenti rispetto a quanto ricevuto, ma siano disposti a mettersi in gioco e a dare fiducia al proprio Paese».
Francesca Basso


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