by Sergio Segio | 5 Novembre 2012 7:43
ROMA — La settimana del debutto potrebbe essere già questa. Sono in dirittura d’arrivo le prime emissioni per i cosiddetti mini-bond, lo strumento pensato per dare alle piccole e medie imprese non quotate uno strumento di finanziamento alternativo rispetto al tradizionale canale bancario. Le regole sono state scritte con il decreto crescita, presentato dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, e convertito in legge all’inizio di agosto. Adesso che sono stati messi a punto gli ultimi dettagli tecnici, le imprese possono cominciare ad emettere questo tipo di obbligazioni, dalla durata massima di tre anni e con la possibilità di dedurre gli oneri finanziari dal reddito di impresa.
Nelle ultime settimane era circolata l’ipotesi che questa strada potesse essere imboccata da Cerved, leader nel settore dell’informazione commerciale, con un’operazione da 300 milioni di euro. Ma ci sono anche altri gruppi che si stanno muovendo nella stessa direzione. «La sensazione è che ci sia molta domanda in generale e molto interesse da parte degli investitori esteri» dice Stefano Firpo, capo della segreteria tecnica del ministro Passera. Del resto la stessa relazione di accompagnamento del decreto crescita prevedeva, nel giro di due anni, emissioni per 10 miliardi di euro. Che tutto ormai sia pronto lo si capisce anche da altri segnali. La finanziaria americana Muzinich & co ha già costituito Italy Opportunities fund, un fondo dedicato agli investimenti solo in obbligazioni di società italiane non quotate con un fatturato compreso tra i 200 e i 400 milioni. Muzinich è la prima ad averlo annunciato ma non sarà l’unica. In parallelo, poi, sta nascendo un sistema di rating per dare i voti ai bond emessi dalle aziende.
La prima società ad ottenere dall’Unione Europea l’autorizzazione è stata l’agenzia italiana Crif. I rating saranno emessi su richiesta della società che deve accreditarsi presso clienti, banche e investitori. Non sarà un obbligo ma è chiaro che anche questo faciliterà lo sviluppo dei mini-bond perché gli investitori, nel bene o nel male, un rating lo vogliono sempre.
Al di là di come si svilupperà il sistema, però, quello che conta davvero è mettere a disposizione delle piccole e medie imprese un canale di finanziamento diverso da quello bancario che, dall’inizio della crisi in poi, è andato sempre più in difficoltà . Con conseguenze potenzialmente peggiori rispetto ad altri Paesi visto che in Italia dipende esclusivamente dal credito bancario il 38% delle aziende contro una media europea del 18%. Una boccata d’ossigeno alle imprese, insomma.
Come quella che dovrebbe arrivare con il recepimento della direttiva europea sui pagamenti, il decreto legislativo approvato la settimana scorsa in Consiglio dei ministri sempre su proposta di Passera. Dal primo gennaio del 2013 la pubblica amministrazione avrà trenta giorni di tempo per pagare le imprese e la stessa regola (con limitate possibilità di deroga) riguarderà anche i pagamenti tra azienda e azienda. Una buona notizia per gli imprenditori ma anche una sfida per l’intero sistema Paese: oggi in Italia i pagamenti vengono saldati in media entro 180 giorni, con ritardi ancora più marcati in alcuni casi. Persino la Grecia, nonostante una crisi ancora più aspra della nostra, riesce a fare meglio. Da loro la media è 174 giorni. Poco meglio, ma meglio.
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