Dai braccialetti alle scarpe troppo strette viaggio dentro gli sprechi del ministero

by Sergio Segio | 3 Novembre 2012 8:47

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ROMA. LA POLIZIA, ogni anno, spende 65 milioni di euro per servizi di mensa, 89 milioni per l’equipaggiamento, 59 milioni per la manutenzione e il noleggio dei mezzi e altri 16 milioni per beni e servizi vari. Un fiume di denaro, al quale si aggiungono altre spese pagate sempre dal ministero dell’Interno che, solo per forniture, versa annualmente 500 milioni. Spulciando le varie voci delle singole uscite, non mancano le curiosità . Come, ad esempio, i 2 milioni di euro per «acquisto di attrezzature varie per prevenzione di rischi di attacchi nucleari ».

Anche la Corte dei conti ha denunciato gli sprechi del Viminale. Quello del prolungamento del contratto con la Telecom (azienda citata anche dal corvo e di cui si può leggere nell’articolo qui accanto) affidato nel 2003 senza alcuna gara, per i costosissimi braccialetti elettronici dei detenuti. Nonostante dal 2003 al 2011 il ministero dell’Interno abbia speso ben 81 milioni di euro per un braccialetto utilizzato da appena quattordici detenuti, una cifra record, il Viminale ha deciso di rinnovare la convenzione con la Telecom per la durata settennale: «Esattamente dal 2012 fino al 2018 — sottolineano i giudici contabili nella relazione di fine settembre 2012 — reiterando perciò una spesa antieconomica e inefficace, che avrebbe dovuto essere almeno oggetto di un approfondito esame». «Anche la conferma del contraente Telecom — si legge ancora nella relazione — avvenuta a prezzi e prestazioni non identici (i pezzi sono passati da 400 a 2000), e perciò qualificata impropriamente come una proroga, avrebbe dovuto o potuto essere oggetto di riflessione e trattative, se non di comparazione con altre possibili offerte ».
Se in otto anni sono stati realmente utilizzati appena 14 braccialetti su un totale di 400, perché adesso ne servirebbero addirittura 2.000? Di certo ringrazia la Telecom, che in tempi di spending review, con i poliziotti che lamentano perfino la mancanza di risorse per la benzina delle auto di servizio, si è vista rinnovare, senza aver fatto alcuna gara, un appalto da oltre 10 milioni di euro all’anno: cifra, questa, che potrebbe crescere di almeno quattro volte, se i braccialetti verranno utilizzati, con una spesa stimata in altri 500 milioni di euro.
Ma appalti in odor di sprechi, che meriterebbero accertamenti, ce ne sono in tutte le forniture. Clamoroso è stato l’acquisto di pallottole dalla ceca Sellier&Bellot: 8 lotti di cartucce calibro 9 prodotte nel 2009, e 5 l’anno prima, sono risultati difettosi, lasciando le forze di polizia di tutta Italia senza munizioni per le esercitazioni. Come fu fatto il bando e, soprattutto, con quali controlli di qualità ? Ci fu una rivalsa di danni nei confronti della azienda ceca? L’appalto delle scarpe delle poliziotte è addirittura finito Striscia la notizia. Migliaia di scarpe nere da donna con un tacco leggermente più alto del modello standard. Il Viminale, il 30 settembre del 2005, ne ha acquistate, attraverso una gara affidato a una azienda italiana con stabilimento in Romania 12 mila per un valore di 600mila euro. Peccato che i numeri di scarpe in Romania non corrispondano a quelli italiani e della Cee. E così le donne poliziotto non sono riuscite a calzarle e le hanno restituire ai magazzini costringendo gli uffici a avviare un contenzioso con l’azienda.
C’è, poi, tutto il capitolo dei fondi Ue per rendere più sicuro il Meridione aggiornandone le tecnologie di sicurezza. Un business milionario che ruota attorno al Cen, il Centro elettronico di Napoli che funziona da server per la polizia di Stato e che offre prestazioni a tutte le forze dell’ordine italiane. Qui avrebbe dovuto essere testata la potenza di calcolo della polizia.
In realtà  sono stati buttati milioni di fondi europei, e la gran parte dei progetti non è mai entrata in produzione. Uno per tutti è il progetto Siai che avrebbe dovuto consentire alla polizia il rapido accesso a tutte le banche dati esterne (comuni, camere commercio), attraverso un unico processo di identificazione. Nonostante tutti i soldi spesi, non ha mai funzionato nemmeno un giorno. Sprechi anche per i progetti informatici delle Scientifiche. Quello Spaid, ad esempio, nato per la veloce identificazione degli immigrati da parte degli uffici periferici: sono stati acquistati moltissimi macchinari, ma la gran parte è rimasta inutilizzata. Chi li ha scelti, non ha pensato a come farli “dialogare” tutti insieme con il sistema Afis di rilevamento delle impronte digitali. Sempre in tema di impronte digitali, sono tuttora inutilizzati i cosiddetti centri mobili, grossi camper abbandonati nei garage delle Questure.

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