C’è l’accordo Ubi La Cgil non firma
Nel caso di Ubi sono state ottenute importanti garanzie sul fronte dell’integrativo e delle nuove assunzioni. Ed è stato ottenuto anche l’impegno del vertice a sobbarcarsi una parte dei sacrifici attraverso la riduzione del costo complessivo degli organi di gestione di almeno il 20%, il taglio del parco auto aziendale e la riduzione delle spese amministrative per oltre 45 milioni di euro.
E’ la prima volta che questo impegno viene contrattualizzato. La parte preponderante dell’intesa riguarda tuttavia il personale. Il quale ha strappato a Massiah l’impegno a non disdettare il contratto integrativo fino al 30 giugno 2014 (Mps, Intesa, Bpm, per dirne solo alcune, lo hanno già disdettato). «Le organizzazioni sindacali unitariamente, guardando in faccia la negativa realtà economica e sociale del Paese — ha commentato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni —, hanno ottenuto risposte positive e concrete per chi sarà assunto, per chi resta e per chi esce attraverso i prepensionamenti volontari. In quest’ottica ritengo positivo l’accordo». Accordo improntato alla «solidarietà generazionale» ha aggiunto Sileoni. Dai 1.500 di luglio, gli esuberi in Ubi sono scesi a 650 e le uscite saranno tutte su base volontaria e incentivata per i prossimi 5 anni. Chi deciderà per la pensione avrà garantito l’85% dell’ultima retribuzione (a livello medio di sistema è il 60%) attraverso l’accesso al Fondo esuberi e la solidarietà . L’accordo prevede inoltre 140 nuove assunzione e la stabilizzazione di altri 100 addetti.
Adesso il fronte si sposta sulla Bpm. Lunedì è stata annunciata la disdetta del contratto integrativo. Ieri c’è stato un nuovo incontro nel corso del quale i vertici di Piazza Meda avrebbero fatto presente ai sindacati che loro richieste porterebbero a 30-35 milioni i risparmi, contro i 70 previsti. Oggi è prevista una nuova riunione.
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